Dall'Ivafe, l'imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero, all'Ivie, l'imposta sul valore degli immobili situati all'estero, passando per l'imposta di bollo e la più nota Imu: sono questi i quattro tipi di patrimoniali presenti in Italia che colpiscono le tasche di enti e contribuenti.
Il rischio da non sottovalutare
In seguito alla pandemia di Covid-19, e alla conseguente crisi economica che ha messo in ginocchio il Paese, si è fatta strada l'ipotesi di possibili, nuove patrimoniali. Di tanto in tanto, infatti, il rischio di assistere ad altre stangate, oltre a quelle già presenti, è stato alimentato da frasi più o meno criptiche uscite dalla bocca di politici e noti personaggi pubblici.
C'è, oggi, il rischio di una nuova patrimoniale? Al momento esistono strumenti di aiuto economici attuati a livello comunitario, tra cui il Recovery Fund, oltre alla sottoscrizione dei titoli del debito pubblico da parte della Bce. Come se non bastasse, c'è da considerare l'evidente impopolarità che si porta dietro un provvedimento del genere. Dunque, a meno di fallimento dei supporti provenienti da Bruxelles, non dovrebbe esserci alcun rischio all'orizzonte.
Imu, Ivie, imposta di bollo e Ivafe
Anche perché i contribuenti devono già fare i conti con quattro diversi tipi di patrimoniali. Partiamo dall'Imu, che si riferisce alle persone fisiche e mette nel mirino gli immobili italiani (sulla base del valore catastale), con un'aliquota pari allo 0,76%. L'Ivie si riferisce sempre alle persone fisiche ma riguarda gli immobili esteri; in questo caso c'è da considerare un'aliquota dello 0,76%.
Arriviamo poi all'imposta di bollo, riferita tanto alle persone fisiche quanto agli enti. Colpisce gli asset finanziari italiani a seconda del valore di mercato con un'aliquota pari allo 0,2%. Infine l'Ivafe: riguarda persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali, e colpisce gli asset finanziari esteri con un'aliquota dello 0,2% sul valore di mercato. Insomma, nonostante le patrimoniali non manchino, c'è a chi non dispiacerebbe vederne apparire di ulteriori. In ordine cronologico partiamo dagli ultimi due campanelli d'allarme, suonati rispettivamente da Carlo De Benedetti e Giuseppe Conte.
La ricetta di De Benedetti e la giravolta di Conte
Carlo De Benedetti è stato probabilmente il più esplicito di tutti, evocando la necessità di introdurre una patrimoniale annuale "come fa la Svizzera". L'Ingegnere, nel corso della trasmissione Otto e Mezzo, su La7, un paio di mesi fa scandiva la sua ricetta "per risolvere il problema delle diseguaglianze sociali". Come fare? Semplice: a detta dell'imprenditore servirebbe una bella patrimoniale. Scendendo nel dettaglio, De Benedetti ha parlato di una "tassazione sul patrimonio dello 0,8% annuo", una mossa economica "giusta" perché "la patrimoniale è impopolare ma è giusta".
Al contrario di De Benedetti, Giuseppe Conte non ha mai parlato esplicitamente di patrimoniale. Anche se, durante una conferenza stampa tenuta a maggio, il premier era comunque riuscito a far salire un brivido lungo la schiena degli italiani. "Siamo tutti consapevoli che in Italia c'è un grande risparmio privato, e sicuramente questa è una delle ragioni di forza della nostra economia. Ci sono tanti progetti, vedremo a tempo debito", dichiarava in modo molto criptico il presidente del Consiglio.
Contributi di solidarietà e Covid tax
Altro giro, altra corsa. Paolo Gentiloni, commissario europeo all'Economia, un mese fa, rispondeva a un'interrogazione europarlamentare spiegando che cosa servirebbe all'Italia. Stando a una serie di analisi, per l'ex premier "abolendo l'esenzione dell'Imu sull'abitazione principale (con diversi gradi di progressività) e utilizzando le entrate supplementari per ridurre la tassazione sul lavoro, si fornirebbero maggiori incentivi a lavorare, determinando ripercussioni positive sulla crescita economica". Detto in altre parole, bisognerebbe tornare all'Imu dei tempi di Monti.
Nel bel mezzo della prima ondata di Covid, ad aprile, il Partito democratico presentava alla Camera un emendamento intitolato "Proposta contributo di solidarietà per redditi Irpef superiori a 80.000 euro lordi annui". Di fatto una patrimoniale mascherata da contributo di solidarietà. La proposta scatenò un mezzo putiferio e costrinse Conte a chiarire la questione: "Non c'è nessuna proposta concreta. Il governo non ha fatto questa proposta e non la vedo all'orizzonte".
In ogni caso Graziano Delrio, capogruppo Pd alla Camera ed estensore dell'emendamento finito nell'occhio del ciclone, provò a difendersi: "Serve una misura che va in direzione della giustizia sociale, inoltre avrebbe carattere temporaneo e non sarebbe richiesta a chi ha subito danni dalla crisi".
La suddetta proposta partorita dal Pd trovò l'appoggio di Oscar Farinetti, patron di Eatly. "Il problema è il nome. Sentiamo patrimoniale e mettiamo mano alla pistola. Allora chiediamo a qualche creativo di cambiar nome e proseguiamo sulla strada più naturale e conveniente per noi", spiegava Farinetti al Fatto Quotidiano. Morale della favola? "Abbiamo nelle nostre mani il 5,4% della ricchezza mondiale. Se contribuissimo alla ricostruzione versando il 2% di questa bella montagna di quattrini, manderemmo nelle casse dello Stato - una tantum - 82 miliardi di euro", proseguiva l'imprenditore.
De Benedetti, Conte, Gentiloni, il Pd, Farinetti: la lista di chi vorrebbe ulteriori imposte è abbastanza lunga.
Ad ora non dovrebbe esserci alcun rischio all'orizzonte. Ma se la pandemia dovesse correre ancora, costringendo il governo ad altri blocchi e chiusure prolungate, l'ipotesi di una nuova patrimoniale non è da escludere a priori.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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