Il governo rilancia sulla rete unica di Tim a controllo pubblico e lavora sulla sua messa a punto. Ieri, infatti, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha confermato che «la rete per noi è fondamentale» e occorre «farla in fretta per raggiungere tutte le zone del Paese per la sicurezza nazionale». L'occasione per ribadire il proposito è il Forum delle Telecomunicazioni di Asstel. Sull'onda di queste parole, il titolo di Tim ha guadagnato l'1,3% a 24 centesimi. Un progresso che si aggiunge a quelli dell'ultimo mese, durante il quale l'azienda di telecomunicazioni è cresciuta in Borsa del 39,5% sull'ipotesi di una possibile Opa su Tim sotto la regia della Cassa depositi e prestiti.
Ci sono però almeno altre due vie per arrivare alla rete unica: una passa dal Memorandum of Undertanding firmato lo scorso maggio, con Open Fiber che deve formulare entro il 30 novembre un'offerta per rilevare la rete da Tim. L'altra, secondo indiscrezioni, sarebbe una sorta di Opa collettiva che coinvolgerebbe i maggiori azionisti di Tim per ridurre l'esborso di Cdp. «L'organizzazione della strategia spetta al governo nel suo complesso», ha detto ieri Urso. La finalità, prosegue il ministro, «è realizzare una rete che poi sia effettivamente a controllo pubblico e raggiunga tutti i villaggi del nostro straordinario Paese, gli strumenti per farlo dovremo deciderli all'interno del governo e questo è un governo che agisce insieme. All'unisono ci ripromettiamo di farlo dopo tutte le ricognizioni necessarie».
Intervistato da Nicola Porro, a Quarta Repubblica, l'ad di Tim, Pietro Labriola, ha detto che l'«azienda è industrialmente sana: il problema da risolvere è il debito» legato ancora alla vecchia Opa di Olivetti del 1999. Per l'ad realizzare la rete unica è un modo per affrontare un grande investimento garantendo un ritorno. Labriola ha fatto notare come Tim sia «il secondo consumatore nazionale di energia dopo le Fs» ma non è considerata «come un'azienda energivora». Inoltre, chiede il taglio dell'Iva: «La telefonia è diventato un bene essenziale», ha osservato, «e se è un bene essenziale perché bisogna pagare il 22% di Iva?».
«Il prezzo delle Tlc da noi è più basso rispetto ad altri Paesi - spiega ancora Labriola - con una spesa media negli Usa di 44 euro a persona e 14 in Europa contro i 10 dell'Italia, dove il ritorno sull'investimento è minore che in Brasile». Tutti problemi che caratterizzano un mercato tlc italiano poco reddititizio. A tal fine Alessio Butti, sottosegretario all'Innovazione, vuole «convocare, quanto prima, un tavolo con gli ad dei principali operatori italiani». Al centro dell'incontro non solo misure come l'agevolazione per i costi energetici, l'adeguamento dei limiti elettromagnetici e la riduzione dell'Iva. Ma soprattutto una «visione strategica per il futuro». Butti ha parlato anche degli obiettivi del Pnrr per il settore telecomunicazioni per i quali la situazione «è molto più critica rispetto a quanto formalmente emerso».
Per il Piano Italia a 1 Giga, ha aggiunto Butti, «l'obiettivo dichiarato nel Pnrr dall'ex ministro Vittorio Colao si è dichiarato purtroppo sbagliato». E poi ha aggiunto: «Anche per il Piano Italia 5G, il precedente governo ci lascia una situazione imbarazzante» e con «ritardi macroscopici».
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