Elettrica, questa sconosciuta. L'auto green è troppo cara

Malgrado gli incentivi, in Italia le vetture a batteria sono solo il 3,7%. E a gennaio è andata anche peggio

Elettrica, questa sconosciuta. L'auto green è troppo cara

Auto elettrica sì, no o forse? Auto elettrica che piace perché è green? Oppure è troppo cara ed è sinonimo di problemi e imprevisti? Come si pongono gli italiani davanti alla tecnologia che l'Ue ha deciso, seppur tra mille polemiche e accese critiche, di imporre a partire dal 2035? Prima di tutto una precisazione: l'Italia, in Europa, è il Paese che sta snobbando di più l'auto a batteria. Il 2022 si è chiuso con il 3,7% di quota mercato e il 2023 è partito ancora peggio: in gennaio solo il 2,6% di «peso» sulle vendite complessive.

Nel 2022, invece, Germania, Francia e Regno Unito hanno viaggiato a doppia cifra sia come vendite sia come quota.

A indagare sulle ragioni dell'«antipatia» degli italiani verso l'auto elettrica, sulla quale le Case hanno dovuto impostare le pianificazioni future, ci ha provato Areté, società leader nella consulenza strategica al cui vertice siede Massimo Ghenzer, uno dei maggiori esperti sui temi automotive, che il mese scorso ha sondato un campione di persone delle varie fasce d'età. Predisposizione all'acquisto, costi, autonomia e ansia da ricarica, sensibilità green, reali benefici: questi i punti sui quali si sono espressi gli interpellati.

Quello dei listini elevati, comunque, è risultato il vero freno: un italiano su 5, infatti, si dice pronto per l'acquisto di una vettura elettrica, ma a patto di pagarla meno di 30mila euro. Una soglia che, pur in presenza di incentivi, riduce di molto la possibile gamma acquistabile ed evidenzia il principale limite a una maggiore diffusione di tale alimentazione.

Fiducioso in una svolta favorevole è Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione Ue e «papà» della rivoluzione pro auto elettrica. È infatti convinto che «tra qualche anno sarà meno costoso acquistare un veicolo elettrico rispetto a uno con motore tradizionale, mentre i costi di manutenzione sono già oggi più bassi». Carlos Tavares, ad di Stellantis, che pure ha programmato mega-investimenti sull'elettrico, in più occasioni ha però lanciato questo allarme: «Se i veicoli elettrici costano e saranno elitari, la classe media non potrà accedervi e avremo problemi di stabilità sociale. E se non ci saranno volumi sufficienti, non avremo nemmeno un impatto positivo sul pianeta. I privilegiati che hanno i mezzi, un garage e una presa per la ricarica elettrica domestica possono oggi permettersi un veicolo del genere».

E ora chi lavora sul campo, come Roberto Scarabel, presidente di AsConAuto (Associazione consorzi concessionari auto): «Guidare un'auto elettrica è piacevole e divertente, ma ricordiamo che un veicolo con motore endotermico costa intorno a 23mila euro e uno elettrico almeno 38mila. E se togliamo i 5mila euro di incentivi da 38mila, al cliente resta sempre una differenza di 10mila euro».

Ma cosa porta l'italiano a ipotizzare un'auto con la spina? Areté rileva che per il 63% contano i possibili risparmi legati ai minori consumi e ai più bassi costi di manutenzione. E se si guarda all'acquisto, il 22% (1 su 5 interpellati) afferma che la sua prossima vettura sarà elettrica. Ma ad accelerare di più, nelle preferenze, è l'ibrido: il 44% non ha dubbi sulla scelta. Elettrico uguale a ridotto impatto ambientale, inoltre, per un acquirente su tre. E il motore endotermico? Gli affezionati rappresentano solo il 23%, con il 9% che punterebbe ancora sul Diesel. I contrari all'auto a batteria se la prendono soprattutto con la limitata autonomia (il 47% teme di restare a piedi) e le difficoltà collegate alla ricarica (31%), tra poca dimestichezza con le app, tempi lunghi per il «pieno», colonnine mancanti, guaste, eccetera.

«I potenziali acquirenti di auto elettriche - le conclusioni del presidente di Areté, Massimo Ghenzer - sono attratti da offerte con prezzi più competitivi, area che sarà sempre più presidiata dalle Case cinesi che possono contare sulla disponibilità delle materie prime necessarie e su costi di produzione decisamente più bassi».

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