Fare il bene per il bene comune

Questo periodo mi porta a lunghe conversazioni telefoniche. Specie con gli amici più cari. Assai spesso ci si ritrova a condividere pensieri e riflessioni che badano all'essenziale

Fare il bene per il bene comune

Questo periodo mi porta a lunghe conversazioni telefoniche. Specie con gli amici più cari. Assai spesso ci si ritrova a condividere pensieri e riflessioni che badano all'essenziale. L'altro giorno, con il mio caro amico Luigi, discorrevamo di bene comune. È un termine che ritroviamo molto spesso sui media, soprattutto in questi tempi scanditi dalla dura prova della pandemia. E all'impegno di ciascuno per contribuire a raggiungere quel nobile e ambizioso obiettivo. A tal riguardo, Luigi mi ha spiazzato, dicendomi che c'è una differenza sostanziale tra «fare bene» e «fare il bene».

Non ci avevo mai pensato. E neppure lui, a dire il vero. Fino a un certo momento. Fu il cardinale Carlo Maria Martini, gesuita, biblista coltissimo e poi arcivescovo di Milano, a introdurlo a quella novità, a quel passaggio cruciale che vale per tutti, cattolici e laici. Si tratta di vedere la cosa sotto una luce diversa. Intendiamoci, «fare bene» è un atto importante, riguarda l'impegno con qualsiasi iniziativa che ci vede coinvolti. Ma, occorre specificare che si può «fare bene» anche una cattiva azione. Si può fare bene una cattiva politica, come una cattiva amministrazione di una società per raggiungere il proprio tornaconto, costi quel che costi. Come si vede, la questione è complicata. Ma «fare il bene» è altro. Significa «nutrire la dimensione civile della vita», è sempre il pensiero del cardinale. Perché contempla il proprio agire verso un fine ultimo, positivo che tocca la comunità. E migliora sé stessi. Come ad esempio, darsi da fare, ovviamente secondo le proprie possibilità, allo scopo di ridurre ciò che appare più ingiusto e disequilibrato. Su obiettivi certi, concreti.

Può essere un impegno minimo, all'apparenza quasi insignificante come un impegno su grandi urgenze planetarie. L'economista Adam Smith diceva: «Nessuna società può essere felice se la sua maggior parte è povera e miserabile». Appunto, «fare il bene». Al servizio del bene comune.

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