La Germania accelera su una tassa sulle transazioni finanziarie. Quella comunemente nota anche come Tobin Tax. In una lettera al commissario europeo per gli Affari economici, Paolo Gentiloni, il ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz, torna a spingere sul suo progetto per un’imposta europea. Come riferisce il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, Scholz propone ora "una soluzione di compromesso".
Questo tema è in discussione da anni nell’Ue. All’inizio del 2020, Scholz ha proposto un’aliquota dello 0,2 per cento sull’acquisto delle azioni delle grandi società. L’obiettivo è finanziare l’aumento della pensione minima di base in Germania, che entrerà in vigore nel 2021 per 1,4 milioni di destinatari con una spesa stimata di almeno 1,3 miliardi di euro. L’imposta europea sulle transazioni finanziarie dovrebbe garantire alla Germania entrate per 1,5 miliardi di euro all’anno. Tuttavia, l’Austria e altri Stati membri respingono il progetto di Scholz.
Nella lettera a Gentiloni, datata al 6 aprile scorso, il ministro delle Finanze tedesco fa riferimento a "notevoli progressi" nella questione. E afferma: "Speriamo di essere in grado di concludere un accordo nel prossimo futuro". Tuttavia, nota Scholz, per concludere con successo i negoziati, dobbiamo includere una clausola transitoria nel testo. Tale previsione ha lo scopo di consentire ai Paesi Ue di mantenere, per il momento, le rispettive soluzioni nazionali fintantoché riscuotono "un’imposta sulla negoziazione di strumenti finanziari". Un adeguamento delle norme degli Stati membri non sarebbe tuttavia necessario per il momento. "Altrimenti il modello uniforme di un’imposta sulle transazioni finanziarie sarebbe morto".
Secondo Scholz, la clausola transitoria sarebbe, quindi, un primo passo verso il necessario grado di armonizzazione necessario a un’imposta europea sulle operazioni finanziarie. Ma che cos’è questa tassa? Quella di cui si parla è una tassa sulle transazioni finanziarie sul mercato azionario, dei futures e su qualsiasi mercato finanziario al quale prendono parte operatori attivi. La proposta tedesca ha sollevato numerose critiche sull’esiguità del gettito atteso e sulla base imponibile: assoggettare a imposizione solo gli acquisti di titoli azionari (escludendo, ad esempio, i derivati e altri titoli non assimilabili alle azioni ordinarie) farebbe poi venire meno la funzione dell’imposta, quale freno a operazioni eccessivamente speculative.
L’iniziativa tedesca, come abbiamo scritto, non è di oggi. Già a inizio anno Scholz aveva lanciato una prima proposta. I Paesi di tutta Europa sperimentano approcci individuali per regolamentare mercati finanziari e i soggetti che vi operano, percepiti come una minaccia per l’autorità statale e per l’economia reale piuttosto che come strumenti capaci di veicolare, raccogliere e indirizzare investimenti e fondi necessari a sostenere la modernizzazione delle economie.
In Italia una tassa sulle transazioni esiste già, ma di fatto con una nuova imposta europea il rischio è che questa possa crescere e possa anche riguardare alcuni settori ancora risparmiati dalla batosta fiscale. In soldoni: altri tributi. Cosa che, per un Paese già fortemente tassato, non è proprio il massimo. Lo schema previsto da Berlino prevede un’aliquota dello 0,2 per cento sul valore di ogni operazione. Sempre Scholz ha precisato che l’aliquota verrebbe applicata esclusivamente alle azioni di società che hanno un valore superiore a un miliardo di euro.
In Germania sono 145 le aziende che rientrano in tale categoria. Di fatto però resterebbero fuori tutte le offerte pubbliche iniziali, le cosiddette Ipo, e ogni Paese membro dell’Ue potrebbe decidere poi autonomamente i fondi azionari e i prodotti per la pensione privata e integrativa.
Secondo Scholz, dall’imposta europea sulle transazioni finanziarie la Germania ricaverebbe entrate per circa 1,5 miliardi di euro all’anno che in buona parte verrebbero utilizzati per finanziare la pensione di base.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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