Brusca frenata al percorso di statalizzazione dell'ex Ilva. Alla «prima» del governo Draghi sul dossier industriale più scottante degli ultimi tre anni tornano i dubbi sul futuro dell'acciaieria più grande di Italia affidata ad Arcelor Mittal e Invitalia: sul banco degli imputati finisce il piano industriale. Il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti (nella foto), che ieri insieme a quello del Lavoro Andrea Orlando ha incontrato i sindacati per fare il punto sull'ex Ilva, ha infatti chiarito che i soldi che doveva versare a febbraio Invitalia (400 milioni) saranno condizionati.
«I soldi arriveranno, se al Mef giungeranno, dalle parti, le necessarie rassicurazioni nelle prossime settimane, prima della sentenza attesa per metà maggio». L'obiettivo, ha sottolineato, «è far lavorare l'azienda, non altro». Ma, ha aggiunto «il piano industriale ha necessità di un aggiornamento. Da parte nostra intendiamo essere un interlocutore particolare, stiamo approfondendo il dossier perché ci sono aspetti non chiarissimi», ha detto Giorgetti. La data indicata è il 13 maggio quando è fissata la discussione del Consiglio di Stato che dovrà decidere se confermare o meno lo spegnimento degli impianti ordinato dal Tar di Lecce un mese fa. A versare i soldi sarà Invitalia, agenzia del Tesoro che è entrata nell'azionariato a dicembre. Ma questo non è ancora certo. In ballo ci sarebbero una serie di valutazioni legali. La vicenda quindi è tutt'altro che in discesa e il governo si è preso un mese e mezzo per ridefinirla. Tutto da rifare, dunque, o quasi.
«Serve una politica industriale e non una mera politica finanziaria», ha chiosato Giorgetti. In pratica il governo vuole metterci i soldi ma a precise condizioni, non ereditate dall'esecutivo Conte. Il rischio di un nuovo rinvio del dossier ha messo in allarme i sindacati. Nell'incontro con Giorgetti e Orlando «abbiamo assistito di nuovo a uno scaricabarile, questa volta tra il Mise e il ministero dell'Economia. La risposta di Giorgetti sull'ingresso dello Stato all'interno del capitale di ArcelorMittal non solo non è certa, ma è vincolata al parere del Mef e all'eventuale modifica del contratto realizzato il 10 dicembre proprio tra Ami e Invitalia», ha detto il leader della Uilm, Rocco Palombella. Se nei prossimi giorni «non arriveranno le risposte e le necessarie convocazioni, torneremo a mobilitarci», ha aggiunto Francesca Re David (Fiom-Cgil).
Nell'intesa di dicembre, è previsto un aumento di capitale di AmInvest Co. Italy Spa per 400 milioni, che darà a Invitalia il 50% dei diritti di voto della società. A maggio del 2022 è programmato un secondo aumento che porterà Invitalia al 60%.
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