Lotta all'utilizzo del contante e contrasto all'evasione fiscale, questi i motivi dichiarati dal governo quando si parla di fatturazione elettronica e di imposizione del Pos agli esercenti. In realtà, grazie alla cosiddetta "e-fattura", sono moltissime le informazioni ad entrare in possesso dell'Agenzia delle entrate, tanto che c'è già chi parla di una vera e propria schedatura.
Dalle personali abitudini di acquisto e consumo ai dati puramente fiscali, questo bottino di informazioni finirà nelle mani del Fisco, andando a creare una vera e propria banca dati. Uno dei rischi è che si possa andare incontro anche ad un fenomeno di data breach, per non parlare del fatto che l'Agenzia si troverà a gestire un quantitativo di dati che non sempre sono collegati al contrasto all'evasione fiscale (uno dei motivi per i quali è stata introdotta la fatturazione elettronica).
I paletti del garante
Da qui l'intervento de garante della privacy che, come riportato da Italia Oggi, chiede che vengano effettuati accessi limitati ai dati integrati, e che le informazioni siano utilizzate solo dopo che le verifiche fiscali sono state avviate. Il garante chiede inoltre che vengano introdotte restrizioni maggiori quando i dati sono legati alle prestazioni degli avvocati, e che siano coinvolti dei professionisti commercialisti per l'analisi delle informazioni da inviare al Fisco. Il tentativo del garante della privacy è evidente, ossia quello di cercare di tutelare e blindare la banca dati delle fatture elettroniche. Ad oggi, più di due miliardi di comunicazioni di acquisto stanno transitando nel database, comunicazioni che possono essere conservate fino ad 8 anni.
Se da una parte Agenzia delle entrate intende utilizzare le informazioni ricavate dalla fattura elettronica anche per le analisi di rischio connesse al contrasto all'evasione, dall'altra il garante della privacy prova a fissare dei paletti. Lo scorso settembre, l'autorità aveva rinviato il provvedimento dell'Agenzia. A suo parere, infatti, era troppo elevato il rischio di consegnare al Fisco dati sensibili, relativi ad aspetti della vita quotidiana dei cittadini. "Nell'ambito del commercio, nel campo oggetto della fattura, emergono i più disparati beni e servizi acquistati da persone fisiche, di cui viene riportata un'accurata descrizione (cartoleria, dispositivi elettronici, prodotti igienici, ecc.)", aveva spiegato il garante, come riportato da Italia Oggi. "Di particolare rilevanza, poiché emergono anche categorie di dati particolari, associate al codice fiscale dell'acquirente, sono: sex toys, con la descrizione dettagliata del bene acquistato; libri e film, dove viene riportato il titolo del prodotto acquistato; articoli di abbigliamento e calzature, con indicazione della tipologia, del nome dell'articolo, colore e misura abbigliamento e calzature; altri articoli riferibili, ad esempio, a giocattoli o prodotti intimi".
La soluzione di Agenzia delle entrate
Nel tentativo di trovare un compromesso, il Fisco ha deciso di non inserire nella banca dati quelle informazioni relative alla tipologia, alla quantità ed alla qualità degli oggetti e beni acquistati. Il garante, tuttavia, non è ancora soddisfatto, e chiede misure adeguate che assicurino senza alcun dubbio il rispetto del principio della privacy.
Sì al provvedimento per contrastare il fenomeno dell'evasione, ma con delle condizioni, dunque.
Per quanto concerne i servizi legali, di difesa ed investigazione, i campi relativi alle descrizioni dei beni e dei servizi ceduti ed acquistati presenti nelle fatture devono essere resi inintelligibili. Nell'ambito dei controlli fiscali, questi dovranno partire solo come conseguenza di rigorose verifiche che facciano realmente pensare ad un rischio di evasione fiscale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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