Il destino della Grecia è ancora legato alle decisioni dei suoi creditori, da una parte, e di Atene, dall'altra. Ma in queste ore lo spettro del default si sta facendo un’ipotesi più concreta. Così come l'extrema ratio, l’uscita dall'euro. Una prospettiva, spesso evocata con disinvoltura nelle ultime settimane, le cui conseguenze sono difficilmente calcolabili anche dalle istituzioni e dalle autorità che stanno negoziando, direttamente e indirettamente, per trovare una soluzione in extremis. Semplicemente perché non esiste un precedente e si metterebbe a rischio la stessa tenuta dell’integrazione europea.
Fino a qualche mese fa sollevare l'ipotesi di un default della Grecia era un tabù, una possibilità che i più alti funzionari delle istituzioni coinvolte nella convulsa trattativa sul debito di Atene si rifiutavano persino di prendere in considerazione. Continuare a nascondere la testa sotto la sabbia è però impossibile, dato che le trattative appaiono complicarsi di ora in ora e che lunedì, alla riapertura dei mercati, i listini del Vecchio Continente rischiano di precipitare nel baratro dal momento che l'immediato aumento deello spread porterà a un aumento degli interessi sul nostro debito pubblico che le casse pubbliche di ogni singolo Stato dovranno sostenere nel corso dell'anno. Stando a una analisi del Sole 24Ore, "un rialzo permamente di 2 punti percentuali dei rendimenti costerebbe all'Italia circa 5 miliardi all’anno". Soldi che Matteo Renzi e il suo entourage dovranno reperire altrove tagliando le spese o aumentando le tasse. L'Eurozona è, tuttavia, dotata di meccanismi di protezione in grado di contenere e arginare choc macroeconomici come, appunto, il default della Grecia. Un tempestivo intervento dell’Eurotower potrebbe limitare l'aumento dei tassi frenando la cavalcata dello spread, come era stato nel 2008 ai tempi della bolla dei subprime.
Un'eventuale Grexit non esonererebbe la Grecia dagli obblighi nei confronti delle istituzioni creditrici. "Se un Paese lascia l'Eurozona - mette in chiro il presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem - il debito resta". L'esposizione totale, stando ai calcoli del Sole 24Ore, si aggira intorno ai 65 miliardi di euro. Di questi, 10 miliardi sono stati concessi dal governo italiano attraverso prestiti bilaterali. La parte più consistente degli aiuti, invece, è piovuta nelle casse elleniche attraverso fondi salva stati Efsf e Esm. Fondi a cui l'Italia contribuisce versando una lauta quota. Pertanto, il mancato rimborso alle due istituzioni peserebbe 23,3 miliardi di euro per l'Efsf e 14,2 miliardi per l'Esm. C'è, poi, la fetta di aiuti elargiti dalla Bce di Mario Draghi di cui, attraverso Bankitalia, il nostro Paese detiene il 12,3% del capitale. Essendo esposta per circa 6,6 miliardi di euro, l'istituto di via Nazionale rischia di perdere i quasi 11 miliardi della quota della linea di liquidità Ela concessa ad Atene.
Se Renzi trema al sol pensiero del default greci, gli italiani possono permettersi maggiore tranquillità dal momento che, rispetto al passato, è stata ridotta la presenza di titoli di stato greci nel portafoglio degli investitori. Lo stesso discorso vale per le nostre banche che, negli ultimi anni, hanno progressivamente ridotto a 800 milioni di euro l'esposizione sul debito greco che ammonta a circa 315 miliardi di euro.
Un discorso a parte, infine, va fatto per le nostre aziende che esportano in Grecia e che con la Grecia vantano pesanti crediti. Come spiega al Corriere della Sera il capo economista di Intesa Sanpaolo Gregorio De Felice, la quota di esportazioni italiane nel Paese vale lo 0,2% del pil.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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