I francesi superano il 30% delle azioni di Telecom Italia, avvisata la Consob

Telecom Italia parla sempre più francese. E si prospetta un derby transalpino nell'azionariato della società telefonica

I francesi superano il 30% delle azioni di Telecom Italia, avvisata la Consob

Xavier Niel, fondatore di Iliad, ha in mano una partecipazione dell'11,2% e raggiunge nel capitale Vincent Bolleré, che con Vivendi detiene il 20,3%. L'operazione, tutta in derivati, opzioni call per il 6,1% e altre posizioni lunghe per il 5,1%, è finita immediatamente sotto i riflettori della Consob, che ha ricevuto comunicazione ufficiale dall'imprenditore.

È ovviamente rilevante, anche ai fini di un intervento dell'Autorità, verificare se esistano o meno legami tra i due investitori francesi. In caso di concerto, scatterebbe l'obbligo di opa. Non parla Niel, "Nessun commento, per ora" risponde, ma parla l'amministratore delegato di Telecom, Marco Patuano. "Non so dire se le due cordate siano una realtà unica o siano avversari tra loro", premette, per poi aggiungere: "Personalmente non credo, al di là del motivo più banale che si supererebbe il 30% e questo avrebbe ovviamente delle ripercussioni di tipo giuridico. Però onestamente non vedo una liaison tra le due posizioni". Per ora, comunque, "nessun contatto" tra le parti, assicurano fonti finanziarie.

Secondo diversi osservatori, vista anche la storia personale dei due uomini d'affari, è presumibile si tratti di una operazione autonoma se non proprio in aperta concorrenza. Niel, tra l'altro, avrebbe anche legami, quanto meno di amicizia personale, con Naguib Sawiris, ex patron di Wind, poi ceduta ai russi di Vimpelcom. E il magnate delle telecomunicazioni egiziano ha più volte pensato a un ingresso diretto nel capitale di Telecom Italia.

Solo congetture, per ora. E anche a Palazzo Chigi si ragiona con grande cautela. È presto per fare valutazioni su un'operazione che interviene in un settore strategico ma che è comunque un'operazione di mercato e, in quanto tale, considerata assolutamente lecita. La situazione, del resto, non cambia sostanzialmente. E valgono le rassicurazioni ricevute da Vincent Bolloré nell'incontro con il premier Matteo Renzi di agosto: Vivendi è un socio di lungo periodo, vuole sviluppare una strategia di convergenza tra contenuti e tlc, senza nessuna ingerenza in questioni di sicurezza nazionale, legate soprattutto alla proprietà della rete.

In sostanza, l'ingresso di un nuovo socio francese, che potrebbe muoversi anche in concorrenza con lo stesso Bolloré, per ora può essere considerato solo un nuovo, importante, investimento straniero in Italia. Qualcosa, forse, per difendere l'italianità di Telecom poteva essere fatta prima, al momento dei primi acquisti di Vivendi.

Ragiona sul ruolo della Consob l'ex presidente Lamberto Cardia. "Una situazione non facile da leggere - commenta - bisognerebbe provare che tra i due c'è concerto, ma l'obbligo di opa potrebbe scattare anche nel caso che i due investitori fossero nemici, ostili, o non avessero alcun rapporto tra di loro. E questo accade se i due azionisti, cumulando le loro quote, raggiungono un risultato o dei vantaggi utili a entrambi". Diverso sarebbe "se uno dei due non dovesse averne dei vantaggi.

Allora il discorso dell'opa potrebbe non essere sufficientemente valido". Quello che può fare la Consob in questa situazione è intervenire "per fare chiarezza e controllare che dietro determinate mosse non ci sia danno per gli altri azionisti e il mercato".

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