Una delle tasse più odiate e impossibili da evadere: l’imposta di bollo sui conti correnti. Ecco quando non si paga. La prima esenzione viene riconosciuta per giacenze basse sul conto. Sotto i 5mila euro non è dovuta. Ma attenzione: se hai più conti e su ognuno di essi depositi meno di 5mila euro (ma il totale supera questa soglia) allora si dovrà pagare. In altre parole non basta distribuire i risparmi su più conti correnti per evitare di pagare l’imposta.
La seconda esenzione prevista, come scrive Investire Oggi, riguarda i conti correnti delle pubbliche amministrazioni. Non pagano l’imposta di bollo neppure i soggetti privati che hanno un Isee inferiore a 7.500 euro all’anno. Alcune esenzioni riguardano invece il tipo di conto. In particolare sono conti gratis. Conti correnti di base: riservati a fasce indigenti. E conto corrente presso un istituto di pagamento o ente bancario che emette moneta elettronica.
L’Agenzia delle entrate ha chiarito, con l’interpello n. 457 dell’8 ottobre 2020, che l’esenzione vale per "le note spese che vengono compilate dai dipendenti che, compiendo ad esempio trasferte, sostengono spese addebitabili al datore di lavoro e da rimborsare dal medesimo". Questo significa che non deve pagare la tassa sul conto corrente il dipendente che effettua operazioni per conto del datore di lavoro. Per lo stesso principio non si applica l’imposta di bollo sulle carte di credito aziendali collegate con quella principale dell’azienda.
Ma vediamo una rapida genesi di questa tassa. Si tratta di un balzello che colpisce tutti quei soggetti che possiedono un conto corrente bancario o postale, anche quando lo movimentano pochissimo. Per le persone fisiche l’imposta vale 34,20 euro all’anno, mentre per le aziende l’importo è di 100 euro. Risale al 1972. È stata poi modificata con il tempo più volte e mai abolita nonostante le proteste dei consumatori.
L’ultima volta che si è messo mano all’imposta di bollo risale al 2011. Parliamo dal famoso decreto Salva Italia emanato durante il governo Monti. L’Italia è al centro di una tempesta finanziaria, lo spread non fa dormire sonni tranquilli agli italiani. E così, i nostri governanti, hanno pensato bene di introdurre una nuova imposta. L’ennesima. Questa tassa, tanto odiata, viene applicata al momento dell’emissione dell’estratto conto o del rendiconto. Ed è relativa al periodo rendicontato anche in caso di apertura e chiusura in corso d’anno. Nel caso di assenza di rendiconto nell’anno, l’imposta è applicata al 31 dicembre di ciascun anno.
Nel caso, invece, in cui lo stesso cliente intrattenga più rapporti di conto corrente e risulti intestatario di più libretti di risparmio, deve essere corrisposta per ciascun rapporto.Il versamento non viene effettuato dal contribuente, bensì dalla banca, che trattiene direttamente la somma dal conto del cliente per poi versarla allo Stato (ecco perché è impossibile evaderla).
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