"È arrivato il momento di allineare i diversi sistemi di etichettatura in Europa, tenendo conto sia del parere dell'Efsa che sottolinea il ruolo della dieta mediterranea, sia degli studi del Centro comune di ricerca della Commissione che dimostrano come i consumatori generalmente apprezzino le etichette nutrizionali sulla parte anteriore della confezione e utilizzino in modo più efficace quelle semplici e colorate". Lo ha detto lunedì scorso la commissaria Ue alla Salute, Stella Kyriakides, durante il pranzo dei ministri dell’Agricoltura dei 27.
Entra nel vivo a Bruxelles il dibattito sul sistema comune di etichettatura fronte pacco da adottare nell’Ue. E si preannuncia accesissimo, visto che in prima fila tra le opzioni in campo c’è il Nutriscore, il discusso sistema ideato dal nutrizionista francese Serge Hercberg che assegna ai prodotti un giudizio secondo una scala di colore in base al contenuto di zuccheri, calorie, sale e grassi saturi per 100 grammi di prodotto.
La discussione informale è stata "intensa", ha raccontato ai giornalisti il ministro dell'agricoltura ceco Zdenek Nekula, presidente di turno del Consiglio Agricoltura Ue. "Un certo numero di Stati membri - ha spiegato - sostengono misure volontarie, molti altri chiedono un sistema armonizzato, tutti aspettano la proposta di regolamento e la sua valutazione di impatto". La posizione italiana sul tema è sempre stata netta. A ribadirla è stato il ministro dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli: "Fino all'ultimo giorno difenderò il diritto dei consumatori europei ad avere informazioni e non condizionamenti e quindi ribadirò il no dell'Italia al Nutriscore e come me farà sicuramente il ministro che mi succederà".
L’etichetta a "semaforo" sostenuta da una serie di Paesi, Francia in primis, è stata recentemente incensata dal Centro Comune di Ricerca della Commissione europea. Il motivo? "Le etichette semplici, valutative e con codice di colore sono più facilmente comprensibili". Il problema è che nei Paesi dove è già in vigore, come Germania, Francia, Belgio, Spagna, ha già confuso parecchio le idee ai consumatori. Le contraddizioni sono evidenti sugli scaffali dei supermercati: pizza surgelata etichettata con la B verde, succo d’arancia con il 100 per cento di frutta con la C gialla come l’olio extravergine d’oliva, mentre a guadagnarsi la lettera A magari è la polvere di cacao zuccherata.
Il problema è nell’algoritmo che calcola i valori dei nutrienti come zucchero, sale, grassi, ma anche fibre e proteine per 100 grammi di prodotto. Un sistema che di fatto finisce per privilegiare i prodotti industriali e ultraprocessati, penalizzando quelli monoingrediente. Esempio: chi consuma in un solo pasto 100 grammi di olio d’oliva? È significativo che sia una Ong belga, la Safe Food Advocacy Europe, a riaffermare in un report pubblicato qualche giorno fa gli effetti distorsivi del Nutriscore. Tra le obiezioni c’è proprio quella appena accennata.
Il sistema, si legge nello studio, "sembra funzionare bene nella valutazione del punteggio nutrizionale per i prodotti multi-ingrediente" ma risulta "inadeguato per i prodotti monoingrediente, in quanto si riferisce ad una quantità che non corrisponde all'assunzione potenziale del consumatore". "Incoerenze, mancanze e difetti" lo rendono quindi "inadeguato a guidare in modo appropriato i consumatori a fare scelte alimentari più salutari". Lo studio si basa su un’analisi comparativa tra il Nutriscore e altri sistemi di etichettatura che classificano i cibi in base al grado di lavorazione utilizzati in altri Paesi, come il Nova e il Siga.
La conclusione è che il "semaforo" Made in France favorisce più di altri i cibi ultra-lavorati e ad elevato contenuto di zuccheri. Gli stessi cereali biologici classificati come B dal Nutriscore ottengono un 4 con il sistema Nova e un 7 con il Siga. Stesso discorso per la polvere di cacao. Ricordate? Nutriscore A o al massimo B. Gli altri sistemi invece la etichettano con un alert per "eccesso di calorie e zuccheri". Neppure la recente correzione dell’algoritmo per rivedere il giudizio su alcuni cibi che prima venivano penalizzati, come gli olii vegetali, riesce secondo l'organizzazione a fornire informazioni chiare e complete.
L’olio d’oliva, ad esempio, otterrebbe un punteggio tra la A e la B grazie al suo contenuto di grassi buoni. Ma ad aggiudicarsi il semaforo verde saranno sia l’extravergine che l’olio di sansa: 77 grammi su 100 di grassi monoinsaturi il primo contro 8 su 100 del secondo. Il consumatore, in questo modo, sottolinea la Ong, ignorerà come l’olio evo contenga quantità ben diverse di vitamine A ed E, con effetti antiossidanti, e potrebbe optare per quello di sansa, più economico ma meno salutare, considerandolo un prodotto equivalente.
La raccomandazione dell’associazione alla Commissione Ue, quindi, è quella di tenere conto delle contraddizioni del sistema prima di decidere di renderlo obbligatorio a livello europeo.
E di testarlo per almeno tre anni prima della sua eventuale adozione. Anche l’accademia dei Georgofili si è espressa in modo analogo, definendo il Nutriscore un meccanismo che "sacrifica sull'altare della semplicità la correttezza scientifica".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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