Investimenti dimezzati sul gas e ideologia green. L'Europa paga le sue colpe nella crisi energetica

La politica Ue è stata miope. E l'Italia ha anche detto no alle centrali nucleari

Investimenti dimezzati sul gas e ideologia green. L'Europa paga le sue colpe nella crisi energetica

Non è un caro-bollette ma una crisi energetica gravissima e duratura causata da anni di errori dell'Europa e dell'Italia. L'ultimo è stato non averla prevista, definendola congiunturale salvo ammettere poco dopo che durerà almeno fino al 2024 e questo prima di entrare in guerra col principale fornitore. La carenza strutturale deriva dal dimezzamento degli investimenti oil&gas, da 800 a meno di 400 miliardi di dollari all'anno, in omaggio a una moda ambientalista autoreferenziale e priva di visione strategica sulle fonti, mentre la domanda mondiale di energia galoppava. Ancora, sbagliato è illudere i cittadini di poter elevare sanzioni contro la Russia lasciando aperto il tubo del gas. Va bene l'interesse reciproco, paghiamo in euro, ma è pur sempre una guerra. Da settimane sentiamo additare come motivazione la sicurezza territoriale, l'allargamento a est dell'UE e della Nato, l'invasione della Georgia e l'annessione della Crimea. Ma il gas non ha avuto un ruolo marginale, da una parte e dall'altra, come causa e come arma di ritorsione.

Mentre mettevamo sanzioni post-Crimea, la Russia ci aumentava le forniture e nessuno si è chiesto come mai, visto che la benevolenza era esclusa. La Germania con la Ostpolitik dagli anni '60 mira a buone relazioni economiche col vicino russo a protezione del fianco orientale e ora ha l'ex cancelliere Schroeder ai vertici di Gazprom, che a giugno 2015 firmava il Nodrstream2, un affare a due che scavalca la Polonia e le repubbliche baltiche, di cui i tedeschi si fidano il giusto. Quanto questo legame facesse piacere agli Stati Uniti fu chiaro pochi mesi dopo, quando a settembre col dieselgate colpirono al cuore la principale industria del Paese. Cosa c'era in ballo? La certezza di avere la Germania legata a filo doppio all'alleanza atlantica, ma anche interessi economici legati all'energia. Gli americani avevano iniziato a estrarre gas e petrolio col fracking, raggiungendo e superando l'autosufficienza energetica, tanto che si pose il problema delle eccedenze, subito risolto a fine 2015 rimuovendo il divieto all'esportazione introdotto nel 1975, dopo l'embargo dei Paesi Arabi verso gli alleati di Israele. Ora il Nordstream2 è bello sepolto.
Anche noi italiani ci abbiamo messo del nostro. Abbiamo votato contro il nucleare in due referendum, ridotto la produzione domestica di gas dell'85% e vietato le trivelle in Adriatico, lasciando l'estrazione alla Croazia, fatto naufragare il rigassificatore previsto a Brindisi e infine quasi sabotato il gasdotto TAP che oggi vorremmo subito raddoppiare. Non vogliamo le pale eoliche sulle dolci colline né i pannelli sulle deliziose abitazioni.

Collegando i puntini emergono le strategie energetiche russe e americane e la mancanza di quella europea, i cui grandi sono andati in ordine sparso anche dopo le crisi petrolifere degli anni '70. Bruxelles ancora poche settimane fa, nel pieno della più grave scarsità di gas, si struggeva se includerlo o meno nella tassonomia verde, vagheggiando improbabili quote di rinnovabili mentre siamo costretti ad aumentare l'uso del carbone.
Noi europei dobbiamo accettare che la domanda di energia al 2050 è prevista crescere e sarà soddisfatta sempre più da sole, vento e nucleare, che però resteranno solo una parte. Il grosso verrà ancora da petrolio e gas e in misura minore dal carbone. Questo non fa bene al clima, eppure è così che sarà per far vivere le persone. Agli albori della rivoluzione industriale sulla Terra viveva circa un miliardo di persone, di cui oltre il 90% in condizioni di povertà assoluta. Adesso siamo 7,5 miliardi e appena il 9% è in povertà: 700 milioni e non va ancora bene.

In definitiva, la madre di tutti gli errori è l'autoreferenzialità che ci tiene scollegati dalla realtà: nel mondo ancora si scannano per risorse che noi consideriamo acquisite. Grazie alla Politica Agricola Comunitaria da mezzo secolo godiamo dell'autosufficienza alimentare, ma per tanti la vita ancora dipende dall'acqua e dal pane, seguiti dall'energia. Questo muove i popoli e modella le alleanze o le guerre tra le nazioni. Il Giappone è entrato in guerra nel '41 per accaparrarsi il petrolio del sud-est asiatico e affrancarsi dalla dipendenza americana, che l'ostacolava nella guerra con la Cina.

Mattei è stato ucciso per aver costruito l'industria energetica nazionale.

Arabi e israeliani se le sono date di santa ragione per le falde acquifere del Mar Morto e del Giordano. Ora, se sbagliare è umano perseverare è diabolico. Oggi ci spaventa la guerra, ma non immaginiamo quanto sarà dura la pace.

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