Italia senza governo? Danno da 23 miliardi

Governo necessario per affrontare le scadenze economiche. Dall'aumento dell'Iva alle scadenze su Imu e Tares, ecco a cosa vanno incontro i contribuenti

La pagina del modello F24 alla voce Imu
La pagina del modello F24 alla voce Imu

A pagare saranno comunque gli italiani. Anche per lo stallo politico, anche per l'incapacità di Pier Luigi Bersani a mettere in piedi un governo credibile, anche per la riottosità dei Cinque Stelle contro ogni forma di istituzione saranno i contribuenti e le imprese a subirne il contraccolpo. Secondo uno studio della Cgia di Mestre, se nelle prossime settimane le principali forze politiche non troveranno un’intesa in grado di garantire la nascita di un governo capace di affrontare le priorità di carattere economiche, il costo per le famiglie e le pmi sarà di almeno 23 miliardi di euro.

In campagna elettorale i principali leader politici erano d’accordo nell’evitare l’aumento dell'1% dell’Iva previsto nel prossimo mese di luglio, nel rivedere la nuova tassa sui rifiuti che scatterà a metà dell'anno, nello sbloccare parte dei pagamenti pubblici alle imprese, nel tagliare l’Irap e il costo del lavoro e nell’abolire l’Imu sulla prima casa. Adesso è arrivato il momento di mantenere le promesse fatte. Perché, come spiega il segretario Giuseppe Bortolussi, se non si dovesse trovare un’intesa politica che permetta la nascita di un esecutivo in grado di ridurre le tasse già programmate e sbloccare i pagamenti, il danno economico che graverà su famiglie ed imprese sarà di almeno 23 miliardi. Insomma, o cambia completamente rotta rispetto alle politiche attuate in tredici mesi di governo Monti oppure i contribuenti dovranno tornare a mettere mano ai portafogli.

Nel report pubblicato oggi, l'associazione degli artigiani calcola piuttosto dettagliatamente la portata economica dei cinque impegni presi in campagna elettorale. Se il nuovo esecutivo non dovesse riuscire a evitare l’aumento dell’Iva dal 21 al 22%, i consumatori subiranno un aggravio di imposta di 2 miliardi di euro. Se non si ritoccherà l’impianto della nuova imposta sui rifiuti (Tares), da luglio le famiglie e le imprese pagheranno quest’anno 2 miliardi di euro in più rispetto al 2012. E ancora: su uno stock di mancati pagamenti, che oscillano tra gli 80 e i 90 miliardi di euro, l’impegno assunto per il 2013 è di sbloccarne almeno 10. Se poi non si ridurranno l’Irap e il costo del lavoro, le imprese e i lavoratori non potranno giovare di uno sconto fiscale pari a un importo che può essere stimato intorno ai 5,5 miliardi di euro. Infine, la mancata abolizione dell’imposta sulla prima casa non consentirà alle famiglie italiane di risparmiare 3,5 miliardi di euro.

Nel caso non si riuscisse a formare in tempi brevi un nuovo esecutivo, la situazione più critica esploderà all’inizio dell’estate. A metà giugno è, infatti, previsto il pagamento della prima rata dell’Imu, mentre ad inizio luglio dovremo pagare la prima maxi rata della Tares e subire l’aumento di un punto percentuale dell’Iva.

"Se si considera che tra giugno e luglio è prevista anche l’autoliquidazione Irpef, che tra il saldo 2012 e l’acconto 2013 costerà ai contribuenti italiani 8,5 miliardi di euro circa, - conclude Bortolussi - non è da escludere che molte persone si troveranno in seria difficoltà ad onorare queste scadenze. Se si tiene conto che i livelli di credito erogati alle famiglie e alle imprese sono quasi sicuramente destinate a diminuire ancora, è probabile che da questa situazione se ne avvantaggeranno solo gli usurai".

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