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L'import minaccia il grano italiano

Lelli (Cai): «Ma con future e contratti di filiera garantiamo agli agricoltori prezzi più vantaggiosi»

L'import minaccia il grano italiano
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Contratti di filiera e politiche di prezzo sul modello dei future. È questa la soluzione proposta da Consorzi agrari d'Italia (Cai), soggetto che fa capo a Bf che produce oltre 1,2 miliardi di ricavi e conta su più di 20mila soci, per contrastare il crollo della produzione di grano duro. Quest'anno, infatti, il raccolto scenderà sotto i 3,5 milioni di tonnellate e rischia di essere il più basso degli ultimi dieci anni. Le superfici coltivate, infatti, si sono ridotte per il grano duro dell'11% rispetto al 2023, scendendo sotto gli 1,2 milioni di ettari, affermano Coldiretti e Cai, con punte del 17% nelle aree del Centro Sud (90% del raccolto nazionale).

Le cause di questo fenomeno sono da ricercarsi in due fattori. Il primo è la concorrenza sleale del grano importato dall'estero. Nel 2023 sono arrivati quasi 900 milioni di chili di grano russo e turco, un'invasione mai registrata in Italia, secondo l'analisi del Centro Studi Divulga. Considerato che l'import di grano canadese ha superato il miliardo di chili, gli impatti sui prezzi sono stati devastanti. Tanto più che, nel caso del Canada, il cereale è trattato in pre-raccolta con il glifosato, una modalità vietata nel nostro Paese. Il secondo fattore è la siccità che ha ridotto la produzione di grano duro in Puglia con cali tra il 20 e il 30%, mentre in alcune aree della Sicilia si è giunti addirittura al -70 per cento. Ne consegue che per gli agricoltori sia più conveniente lasciare inerti le aree a seminativo che produrre in perdita.

Proprio per far fronte alle oscillazioni dei prezzi di mercato e tutelare il settore Consorzi Agrari d'Italia ha messo in campo contratti di filiera e future sul grano. I contratti di filiera all'interno di Cai rappresentano 12 diverse produzioni, di cui 4 relative al frumento, promosse e sviluppate nell'ottica della valorizzazione della produzione italiana. Sul totale dei prodotti ritirati da Consorzi Agrari d'Italia il solo frumento rappresenta oltre il 50% del volume ed è quindi il primo prodotto. Cai è il primo player nazionale con circa 400mila tonnellate di grano e il 25% di questo frumento rientra proprio all'interno di contratti di filiera. I consorzi puntano a aumentare questa quota a vantaggio di agricoltori e qualità del prodotto.

«Negli ultimi due anni - ha spiegato Gianluca Lelli ad di Cai - questa strategia ha pagato e nonostante il calo delle produzioni su scala nazionale, abbiamo registrato un +2% sul totale del volume ritirato, con un incremento dovuto proprio all'aumento delle filiere del grano duro Senatore Cappelli». È un segnale, ha proseguito, «che stiamo lavorando bene sulle filiere, proprio grazie agli accordi riusciamo a garantire un premio all'agricoltore che può arrivare sul grano duro anche all'8% in più rispetto al prezzo di mercato».

Il secondo elemento è rappresentato dai future sul prezzo del grano.

«L'agricoltore - ha aggiunto Lelli - quando inizia la sua produzione non sa quale sarà il prezzo del suo prodotto e Cai prova a scardinare questa logica un unicum in Italia stabilendo a priori quale sarà il prezzo del ritiro del prodotto a fine campagna e garantendo quindi all'agricoltore un prezzo di vendita su cui può tarare le proprie aspettative con un minimo garantito».

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