«Spero che ora nessuno mi dica che ha acquisito il 10% di Intesa Sanpaolo mentre ero distratto a fare la presentazione», esordisce ironico Carlo Messina, numero uno di Intesa Sanpaolo. Alla conferenza stampa con i giornalisti, dopo aver alzato il velo su conti record con utili a 8,7 miliardi di euro, l'amministratore delegato della prima banca italiana non si è sottratto alle innumerevoli domande sul risiko bancario in corso nel nostro Paese. Spende parole al miele sulla premier: «Con questo governo abbiamo una leadership molto apprezzata dagli investitori internazionali. Sono testimone che Giorgia Meloni ha un prestigio internazionale unico e dobbiamo fare tutti la nostra parte per giocarci una partita di salvaguardia dei nostri interessi nel contesto internazionale». A tal proposito, «sono convinto che il Pil dell'Italia può raddoppiare» la crescita rispetto al 2024.
C'è un filo rosso, del resto, che lega il governo della «stabilità», alla banca che lo stesso Messina definisce «porto sicuro, stabile e gestione seria». Un messaggio che viene ribadito anche quando si trova a parlare del blitz di Unicredit sulle Generali per rispondere a chi gli chiedeva se fosse pronto a fare lo stesso: «Non abbiamo nessun interesse di nessun tipo a rastrellare una quota di Generali come fatto di recente da Unicredit», che ne ha rilevato il 4,7%, perché «non è quello il modo in cui Intesa Sanpaolo opera». In precedenza, aveva spiegato che Intesa intende sostenere le aziende attraverso il credito, non acquisendo partecipazioni finanziarie. Altrimenti, «si finisce per fare il lavoro di un hedge fund».
L'istituto guidato da Messina, del resto, sta raccogliendo i frutti di una banca che è ben diversificata tra banca commerciale, risparmio gestito e assicurazioni: su una torta dei proventi operativi complessiva di 27,1 miliardi (+7,5% sul 2023), infatti, oltre 15,7 miliardi (+6,9%) arrivano dagli interessi netti, che si mantengono forti nonostante i cinque tagli dei tassi; mentre circa 9,4 miliardi arrivano dalle commissioni nette (+9,4%) frutto di una crescita consistente delle commissioni da gestione, intermediazione e consulenza. In crescita anche l'attività assicurativa a 1,7 miliardi (+4,1%). Per i soci ci saranno dividendi per 6,1 miliardi, contando i 3 miliardi pagati a novembre e i 3,1 che saranno saldati a maggio. In più, è in arrivo un nuovo buyback da 2 miliardi. «Noi non abbiamo bisogno di acquisizioni», rimarca Messina, «sono orgoglioso dei risultati, la nostra solida redditività ci posiziona ai vertici mondiali anche per quanto riguarda l'impegno nel sociale». E poi l'affondo: «Vogliamo essere lontani dalla confusione che c'è sul mercato italiano». Il riferimento è ovviamente all'attivismo di Unicredit su Bpm e Generali, ma anche all'Ops di Mps su Mediobanca. Quest'ultima un'operazione, avversata in certi salotti, analizzata con lucidità da Messina: «Quella che hanno lanciato è un'operazione di mercato» e «il mercato è decisivo salvo considerazioni che riguardano la Vigilanza». Nessun rilievo nemmeno sulla presenza del Tesoro tra gli azionisti di Mps: «Non sono preoccupato della presenza dello Stato», anche perché «alla fine sono gli investitori a giudicare la bontà del progetto».
Messina, dal canto suo, afferma di sentirsi «forte e giovane per rimanere a lungo amministratore delegato» in vista del rinnovo dei vertici di Intesa ad aprile. E certo non intende abbassare l'asticella delle ambizioni puntando a un utile netto nel 2025 più alto delle previsioni precedenti a «ben oltre 9 miliardi». Anche perché, a prescindere da come procederà il risiko, «da qui a cinque anni non vedo nessuna minaccia per Intesa Sanpaolo».
Infine, arriva un invito al Tesoro «a riflettere» sull'opportunità di cambiare le regole delle Fondazioni bancarie, che hanno una quota importante della banca e potrebbero essere costrette a cederne una fetta a causa della crescita del titolo e del buyback che rischiano di far loro superare la soglia prevista dalla concentrazione sugli investimenti.
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