Un'ondata di richieste stragiudiziali per 1,8 miliardi di euro e un utile più ristretto. I numeri semestrali di Monte Paschi di Siena non sono piaciuti alla Borsa, con il titolo che ieri ha perso il 6,74% a 41 cent per azione. La missione dell'amministratore delegato di Mps, Luigi Lovaglio, non è facile: deve rimettere in ordine i conti per trovare alla banca un promesso sposo e permettere al Mef, azionista con il 64,2%, di uscire dal capitale come richiesto dall'Europa che tra l'altro ha concesso più tempo rispetto alla deadline del 2021.
Ieri, Lovaglio ha detto che l'ok definitivo della Bce all'aumento di capitale dovrebbe arrivare prima del 15 settembre, data di convocazione dell'assemblea degli azionisti che dovrà a sua volta approvare l'aumento da 2,5 miliardi (vitale per l'applicazione del piano 2022-2026) e metterà anche all'ordine del giorno il raggruppamento delle azioni del Monte nel rapporto di 100 a 1 nonché una serie di modifiche dello statuto. Se il Mef ha già garantito la sua partecipazione pro quota, si è ampliato il consorzio di banche che garantirà l'aumento con Santander, Barclays, Société Générale e Stifel Europe Bank AG che si sono unite a BofA, Citigroup, Credit Suisse e Mediobanca. Un allargamento che «testimonia l'interesse sul mercato per la banca», ha detto il Cfo Andrea Maffezzoni.
Lovaglio dal canto suo fa sapere che sarà «impossibile fermare la nostra determinazione», ma in ogni caso il percorso di risanamento dell'istituto non sarà breve ed è praticamente impossibile che si arrivi a una cessione prima dell'insediamento del nuovo governo. E, con la coalizione di centrodestra in vantaggio nei sondaggi, è possibile che a chiudere la partita ci sia magari un governo guidato da Giorgia Meloni, la leader del partito più a destra dell'arco parlamentare chiamata a decidere i destini di quella che una volta fu la banca rossa per antonomasia.
Ciò che sarà lo si vedrà dopo il 25 di settembre, intanto ci sono i numeri: Mps ha chiuso il primo semestre dell'anno con un utile netto di 27,2 milioni di euro, di cui 18 realizzati nel secondo trimestre, in calo dell'86,5% rispetto ai 202 milioni dello stesso periodo del 2021. La flessione è da imputare al calo dei ricavi (-2,5% a 1,52 miliardi), delle commissioni (-2,5% a 728 milioni) e all'instabilità dei mercati. Ma anche alle maggiori rettifiche sui crediti (+38% a 225 milioni) e alle maggiori imposte. Il margine di interesse è cresciuto invece a 660 milioni (+12,8%).
Dai conti sono spuntate richieste danni inattese per 1,8 miliardi, recapitate per conto di vari investitori dalla società di consulenza Martingale Risk. Lovaglio le ha definite «infondate» e «talmente dubbie da non giustificare quasi degli accantonamenti». Tuttavia, il fondo rischi è stato rimpinguato di 78 milioni a causa dell'aumento del contenzioso per l'informazione finanziaria, salito da 1,9 a 3,7 miliardi.
Mps ha inoltre reso noto di aver ceduto un pacchetto di 917,5 milioni di crediti deteriorati (ad Amco, Illimity e Intrum), con una riduzione del 25% dello stock dei crediti non
perfoming in portafoglio. Lovaglio ha citato l'accordo come un tassello importante del piano, che fa il paio con il corposo piano da 3.500 uscite volontarie che lo scorso giovedì ha ricevuto anche il via libera dei sindacati.
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