«Attendete condizioni di mercato migliori prima di lanciare una aumento distruttivo» che porterebbe a «un massacro dell'azionariato retail». A dirlo, durante l'assemblea degli azionisti di ieri, è stato l'avvocato Domenico Ricciardi, piccolo socio di Mps, al cda, nel corso dell'assemblea chiamata ad approvare l'aumento da 2,5 miliardi. Ma alla fine l'ok, com'era scontato visto il favore dell'azionista Mef al 64,2%, è arrivato senza problemi. E del resto lo Stato era quasi l'unico presente in assemblea, essendo rappresentato solo il 65,19% del capitale. I favorevoli all'aumento sono stati il 99,63% delle azioni ammesse al voto. Il titolo della banca ieri ha guadagnato il 2,8%.
«Questo è l'inizio ufficiale della partita», ha detto l'ad Luigi Lovaglio, dopo il via libera. «Adesso si corre, in ottobre partiremo» dopo l'ok di Consob e chiusura entro il 12 novembre. E la banca punterà a farlo «in un'unica soluzione, entro i tempi previsti». Ora parte la caccia a 900 milioni da aggiungere agli 1,6 miliardi del Mef.
L'operazione era l'unica via possibile per dare forma al piano di Lovaglio; per un terzo serve a finanziare le uscite incentivate di 3.500 persone che dovrebbero alleggerire il bilancio di 270 milioni di costi. Ma alla real politik della finanza, fa da contraltare l'amarezza dei piccoli investitori. «I soci retail saranno esclusi dall'aumento, perdendo tutto», prosegue Ricciardi, «o dovranno sostenere esborsi macroscopici, con multipli di 8 volte che non sanno come procurarsi».
«Riteniamo che i 2,5 miliardi di euro» dell'aumento «siano necessari per garantire una adeguata patrimonializzazione della banca», ha spiegato Lovaglio all'assemblea, «consentendole di rispettare i requisiti fissati dalle varie autorità, anche in chiave prospettica».
Dal deserto dell'assemblea - con soli 23 soci intervenuti e 131 per delega - sono comunque arrivate domande. Una per capire il ruolo di Anima e Axa nella ricapitalizzazione (che dovrebbero mettere 350-400 milioni), in particolare per la ventilata disponibilità in cambio di una revisione degli accordi di distribuzione. Ipotesi che ha portato a un esposto in Consob del fondo Bluebell. «Guardiamo con interesse le opzioni di ingresso di investitori istituzionali», ha risposto Lovaglio, «inclusi i nostri partner industriali». L'ad ha aggiunto che l'eventuale ingresso «potrà avvenire alle medesime condizioni previste da altri investitori» e che una «revisione degli accordi con i partner strategici, oggi abbiamo Anima, Axa e Compass del gruppo Mediobanca, non potrà che avvenire nelle usuali logiche sottese a tali accordi, assicurando il perseguimento dell'interesse della banca». Un'altra domanda ha riguardato un eventuale piano per la cessione della banca, dalla quale il Mef deve uscire e ha da poco ricevuto più tempo per farlo dall'Europa. «Noi siamo molto focalizzati sull'implementazione del piano industriale e non su altre ipotesi», ha però risposto Patrizia Grieco, presidente di Mps.
Intanto ieri, a Roma, la Commissione di inchiesta sulla morte di David
Rossi - il responsabile dell'area comunicazione Mps deceduto il 6 marzo 2013 - ha approvato la relazione finale sui lavori della Commissione. Ma senza i voti di Pd e Leu, che si sono giustificati con motivazioni di forma.
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