A forza di ballare sull'orlo del precipizio, alla fine l'America ci è caduta dentro. Non era bastata l'esperienza surreale del fiscal cliff, su cui era calato il sipario solo grazie a un accordo trovato in extremis. Con il cosiddetto sequester, Casa Bianca e Congresso hanno deciso di andare fino in fondo: niente intesa, dunque, per evitare tagli alla spesa per 85 miliardi di dollari, scattati dalla mezzanotte di ieri.
Serviva una conciliazione: non c'è stata. Nel pomeriggio di ieri, Barack Obama ha incontrato i leader democratici e repubblicani nel tentativo di trovare un compromesso, ma le distanze sono rimaste siderali. E non poteva essere altrimenti, considerato che si scontravano due ricette opposte per ridurre, nei prossimi 10 anni, il deficit federale di 1.500 miliardi. Obama ha continuato a cavalcare la proposta di un aumento delle tasse sui più ricchi, in modo da non scaricare sulle spalle della classe media il peso del risanamento fiscale; il Grand Old Party ha insistito sulla necessità di tagliare la spesa, dal momento - ha sottolineato lo speaker della Camera, il repubblicano John Boehner, «il problema non sono le maggiori entrate».
Sotto il profilo politico, il sequester scava un solco ancora più profondo tra i due poli, a dimostrazione che la composizione del Congresso, con la Camera in mano ai repubblicani e il Senato a maggioranza democratica, complica la governabilità. Obama ha riservato parole dure nei confronti dell'opposizione, accusata di impedire un'intesa sul contenimento del disavanzo per proteggere «interessi speciali» e «scappatoie fiscali» e di aver voluto fare «tagli arbitrari e stupidi».
Dal punto di vista economico, il danno c'è tutto. Il Fondo monetario internazionale ha già fatto sapere che la sforbiciata automatica della spesa rischia di togliere mezzo punto al Pil Usa. Il presidente Usa ha in qualche modo cercato di stemperare le preoccupazioni: «Non si tratta dell'apocalisse», ha detto. Ma lo stesso Obama è stato costretto ad ammettere che il sequester «colpirà la nostra economia, avrà un effetto domino e ci costerà 750mila posti di lavoro». Un'altra ferita per un Paese che da tempo non riesce a risolvere il nodo dei disoccupati nonostante le misure di stimolo varate a più riprese dalla Federal Reserve. La Fed ha perfino deciso che i tassi saranno mantenuti praticamente a zero fino a quando i senza-lavoro non saranno scesi dal 6,5%. La «cosa giusta da fare» al momento - ha spiegato l'inquilino della Casa Bianca - è impedire la chiusura dell'attività del governo, approvando una risoluzione che garantisca fondi all'attività del governo anche dopo il termine del 27 marzo».
A questo punto, gli 85 miliardi di minori spese (che fanno
parte di un piano da 1.200 miliardi nell'arco di un decennio) verranno spalmati sul settore della difesa (-47 miliardi), sul Medicare (-10 miliardi), mentre la parte residua riguarda le spese discrezionali di Washington.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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