Occupazione, il pessimismo del Cnel: "Impossibile tornare ai livelli pre crisi"

La disoccupazione "allargata" supera il 30%. Il Cnel: "Per tornare ai livelli pre crisi creare 2 milioni di posti di lavoro"

Occupazione, il pessimismo del Cnel: "Impossibile tornare ai livelli pre crisi"

Nel 2013 il tasso di disoccupazione è arrivato a superare la soglia drammatica del 30%. E non ha certo mostrato segnali di rallentamento nella prima parte del 2014. Nell'ultimo Rapporto sul mercato del lavoro, il Cnel allarga il campo anche agli inattivi disponibili e ai disoccupati parziali e, simulando diversi scenari occupazionali, fissa un obiettivo alquanto ardito per tornare ai livelli pre-crisi. Un obiettivo che per il governo Renzi rischia seriamente di essere un miraggio. "L'ipotesi di una discesa del tasso di disoccupazione al 7% sembra irrealizzabile - spiega l'ente - perché richiederebbe la creazione da qui al 2020 di quasi 2 milioni di posti di lavoro".

All'orizzone non c'è nulla di buono. Mentre il parlamento discute sul Jobs Act e in particolar modo sull'abolizione dell'articolo 18, il Paese deve far fronte a una crescente crisi del mercato del lavoro. Solo tra gli under 30 sei anni di recessione hanno bruciato un milione di posti di lavoro, mentre centinaia di migliaia di imprese si sono viste costrette a chiudere i battenti per i conti in rosso. Il sistema Italia è in ginocchio. E le prospettive, a detta del Cnel, non sono affatto rosee. "I progressi per il mercato del lavoro italiano non potranno che essere molto graduali", si legge nel report che spiega come il sistema potrebbe "iniziare a beneficiare di un contesto congiunturale meno sfavorevole non prima dell’inizio del 2015". E sarebbe, sottolinea, già "la migliore delle ipotesi". Non è soltanto il crescente tasso di disoccupazione a preoccupare gli economisti del Cnel. Il potere d’acquisto dei salari ha, infatti, registrato "un andamento abbastanza peculiare, con un significativo incremento nelle prime fasi della crisi e una caduta altrettanto marcata negli anni successivi, che ne ha riportato il valore sul livello della metà degli anni Duemila". Si è quindi tornati indietro di quasi un decennio. Guardando all’intera "massa salariale" il Cnel stima una perdita complessiva del 6,7% tra il 2009 e il 2013.

In tutta l'Eurozona l'arretramento nel potere d'acquisto dei redditi medi delle famiglie sta portando a radicali mutamenti nei comportamenti di spesa. Anche in Italia le famiglie hanno modificato strutturalmente i propri comportamenti di consumo. "Ampie fasce della popolazione stanno subendo un arretramento del proprio stile di vita - fanno notare dal Cnel - sta aumentando la parte della popolazione che sperimenta condizioni di povertà". Se tradizionalmente le difficoltà erano associate prevalentemente allo stato di disoccupato, adesso anche fra gli occupati sono frequenti i casi di privazione materiale derivanti da condizioni di sottoccupazione o di precarietà del lavoro. Il rischio di essere un working poor è cresciuto durante la crisi soprattutto per alcune categorie di lavoratori: i meno qualificati, con bassi livelli di istruzione e occupati in settori a bassi salari. Tuttavia anche quei gruppi che tradizionalmente ne erano esenti (lavoratori autonomi con dipendenti e i più istruiti) sono stati investiti dal generale impoverimento. Anche il rischio di povertà di nuclei familiari con alcuni membri che lavorano, la cosiddetta inwork poverty, è aumentato con la crisi.

"In particolare - rileva il rapporto - ad essere maggiormente esposti al rischio di povertà sono quelle famiglie in cui il lavoratore a bassa remunerazione è il principale se non addirittura l’unico percettore di reddito".

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