Ora cambia tutto sui contanti: cosa si rischia coi pagamenti

Dal primo luglio prossimo cala il tetto massimo per l’uso dei contanti. La soglia viene ridotta a 2mila euro. Dietro si nasconde una giungla di sanzioni

Ora cambia tutto sui contanti: cosa si rischia coi pagamenti

La soglia dei contanti, dal primo luglio prossimo, viene ridotta a 1.999,99 euro. Negozianti e partite Iva, in generale, sono avvisati. Il sistema cambia di nuovo e, dietro l’angolo, si nascono trappole e sanzioni. Per molti in questo modo il governo rischia di ingabbiare un’economia già in crisi. Tutto viene svolto in nome di trasparenza e antievasione, ma i problemi legati all’uso del contante sono molti. Partiamo dall’inizio.

Il primo limite all’utilizzo dei contanti in Italia risale a qualche decennio fa. In Italia si pagava ancora con banconote e monete in lire. È il 1991 quando il settimo governo presieduto da Giulio Andreotti vieta il trasferimento del denaro contante e dei titoli al portatore superiori a 20 milioni. Con il passaggio all’euro, il limite dell’utilizzo dei contanti viene fissato a 10.329 euro. Il secondo governo Berlusconi, successivamente, nel 2002, alza la soglia a 12.500 euro.

Nel 2007, poi, il secondo governo Prodi abbassa di molto il tetto portandolo a 5mila euro. Ma non è finita. Nel 2008 il quarto governo Berlusconi, annulla quanto fatto dal precedente esecutivo riportando la soglia di nuovo a 12.500 euro. Nel 2010, sempre il quarto governo Berlusconi fissa la soglia a 5mila euro e nel 2011, lo stesso governo, abbassa ulteriormente la soglia a 2.500 euro. È il dicembre 2011 e l’Italia è in piena tempesta spread. "Sale in politica", come dice lui, il professor Mario Monti e con il decreto Salva Italia stabilisce la somma limite per il pagamento in contanti a mille euro. Questa soglia rimane in vigore fino al 2016, quando il governo Renzi con la legge di Stabilità alza nuovamente la soglia di pagamento a 3mila euro, oggi attualmente in vigore. Un’iniziativa in cui in molti hanno visto il tentativo di ridare fiato ai consumi e quindi di incentivare la ripresa della domanda interna.

I giochi non sono finiti

La legge di Bilancio per il 2020 abbassa però il tetto per i pagamenti. La misura, volta a favorire l’utilizzo del pagamento elettronico, vuol contrastare l’evasione fiscale permettendo il tracciamento delle spese degli italiani da mettere a confronto con le entrate. Questa prima stretta all’uso dei contanti partirà dal primo luglio, mentre da gennaio 2022 il limite scenderà ulteriormente a quota 999,99 euro. L’obiettivo è incentivare la tracciabilità dei pagamenti. Un vero e proprio attacco dello Stato contro i furbetti evasori. Misure che scontento, allo stesso tempo, molte categorie di lavoratori. Ciò comporterà una riduzione progressiva, anno dopo anno, del denaro circolante. Qualunque cessione di soldi superiore ai 2mila e, poi ai mille euro, dovrà avvenire tramite canali tracciabili, cioè bancomat o carte di debito, assegni bancari e circolari, altri sistemi di pagamento tracciabile come, ad esempio, il bonifico.

Per professionisti e studi associati risale al giugno 2014 l’obbligo di garantire ai propri clienti la possibilità di effettuare pagamenti anche utilizzando carte di credito. Aumenterà inevitabilmente l’uso dei Pos. Quegli strumenti che consentono di effettuare pagamenti mediante moneta elettronica. A favore dei professionisti singoli o studi associati con ricavi inferiori ai 400mila euro è riconosciuto un credito di imposta pari al 30% delle commissioni addebitate per le transazioni effettuate. Si avvicina, dunque, un’altra tappa importante per le nostre abitudini. È importante, a questo punto, chiarire una faccenda: non è prevista, per il momento, alcuna sanzione per il negoziante se non garantisce al cliente la possibilità di pagare con strumenti tracciabili. Vale la pena ricordarlo.

Cosa è vietato

Il tetto al contante riguarda le transazioni tra privati in chiave antievasione. E al momento il limite, per ancora un mese, è di 3mila euro. A questo punto una domanda sorge spontanea: si può prelevare o versare in banca denaro di importo pari o superiore a 3mila euro? La risposta è fornita dal ministero dell’Economia. Sì, perché non esiste alcun limite al prelevamento o versamento per cassa in contanti dal proprio conto corrente in quanto tale operatività non si configura come un trasferimento tra soggetti diversi.

E qui va aggiunta una riflessione: per tutti (compresi i dipendenti) il fisco nel caso di controllo antievasione potrebbe chiedere conto da dove provengono i soldi versati in banca. Un altro profilo a cui fare attenzione è la nuova comunicazione oggettiva sempre in un contesto antiriciclaggio. Banche, Uffici Postali e altri intermediari finanziari sono chiamati a comunicare all’Uif (l’Unità di informazione finanziaria) della Banca d'Italia chi movimenta contanti da 10mila euro a salire al mese (anche attraverso movimenti frazionati da oltre mille euro). Non si tratta di una segnalazione di operazione sospetta, ma servirà comunque ad accendere un faro su eventuali anomalie, soprattutto se ripetuta. Della serie, il grande fratello ci spia.

I rischi e le sanzioni

"Le sanzioni sono salate", ci spiega Stefano Pizzutelli, commercialista. "Vanno da 2mila a 50mila euro per la parti contraenti e da 3mila a 15mila euro per i professionisti che non fanno le segnalazioni. Questo per operazioni fino a 250mila euro: oltre, i contraenti rischiano una sanzione da 15mila a 250mila euro". Il massimo della sanzione rimarrà fisso a 50mila euro, ma i minimi diminuiranno negli anni. Se inizialmente questi sono fissati a 3mila euro, da luglio scenderanno a 2mila per poi arrivare fino a mille euro a partire da gennaio 2022. Queste riguarderanno sia chi riceve il denaro, sia chi effettua il pagamento: vale anche per donazioni o prestiti, anche quelli tra familiari. Le multe, così come i limiti, non riguardano però i prelievi o i versamenti sul proprio conto, in quanto non si tratta di un trasferimento di denaro tra soggetti diversi.

Nella legge di Bilancio 2020 viene indicata l’alternativa al pagamento in contanti. Le modalità di pagamento o trasferimento di denaro permesse per le cifre che abbiamo visto sono bancomat o carte di debito, carte di credito, prepagate, assegni bancari e circolari e altri sistemi di pagamento tracciabile come il bonifico. Rimane inoltre in vigore una norma che dallo scorso primo luglio 2018 vieta il pagamento degli stipendi cash, per cui chi ha un contratto di lavoro subordinato, un contratto di collaborazione o chi lavora in una cooperativa dovrà essere pagato esclusivamente attraverso procedura tracciabile.

Quali sono i lati negativi e quelli positivi del tetto al contante? La risposta di Pizzutelli è chiara: "Le transazioni in nero amano il contante e forse il problema più rilevante è che la liberalizzazione equivarrebbe a un messaggio permissivista. Tracciare significa rendere più complicato evadere. Ma è un elemento, all’interno di una lotta all’evasione, più ampia, che si deve accompagnare alla semplificazione del sistema e al combattimento di elusioni e comportamenti come, ad esempio, quelli delle multinazionali che operano nel commercio elettronico e magari si scelgono in quale nazione pagare le tasse".

"È evidente poi che l’utilizzo delle carte è più complesso per gli anziani e per coloro che non utilizzano carte e strumenti di pagamento.

Occorre accompagnare la limitazione dell’uso dei contanti alla massima riduzione degli oneri bancari sulle transazioni sia con carte che sui bonifici, altrimenti la convenienza all’uso del contante difficilmente farà incrementare l’utilizzo di strumenti tracciati. E quindi alla fine la riduzione del limite non sarà poi così utile", conclude.

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