Il governo dice basta ai giudizi delle agenzie di rating che non si basano su parametri oggettivi. Lo fa per bocca di Pier Paolo Baretta dopo che Fitch ha declassato il rating dell'Italia paventando rischi politici e relegandola nella fascia della tripla "B". Ma il verdetto dell'agenzia di raiting non piace al governo. Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan afferma: "Non accetto la parola fallimento. Il debito è sotto controllo e sta scendendo".
Per il sottosegretario all'Economia è arrivata l'ora che l'Europa si doti di una sua agenzia, ma soprattutto che l'operato delle varie Standard & Poor's, Fitch e Moody's sia controllato da organismi internazionali.
Ieri sera Fitch ha tagliato il rating dell'Italia da "BBB+" a "BBB". Per l'agenzia, che denuncia tra le altre cose la debole crescita italiana e il ritardo nel consolidamento dei conti, il "fallimento" del governo italiano nel ridurre "l'elevatissimo debito pubblico" rende l'Italia "più esposta a potenziali choc avversi". Non solo. Per spiegare le ragioni dell'abbassamento del rating, Fitch scrive nel report che i "rischi di un governo debole o instabile sono aumentati così come la possibilità che aumenti l'influenza politica di partiti populisti ed euroscettici". Ragioni, queste, che fanno storcere il naso al governo Gentiloni. "Quanto fa Fitch non è una novità - dice Baretta all'Adnkronos - mi sembra che abbia la propensione a declassare il nostro Paese, una sorta di preconcetto che si ripete periodicamente".
Il sottosegretario all'Economia non riesce proprio a individuare i rischi legati alla stabilità politica "quando di fronte c'è una scadenza elettorale naturale prevista a pochi mesi". Non solo. Il declassamento avviene, a suo avviso, "in una situazione di crescita dell'economia, certo, ancora lenta, ma con dati tendenziali che sono costantemente positivi". Una base di partenza, insomma, difficile da tradurre in una certificazione negativa: "Se analizziamo i dati reali, il loro ragionamento sinceramente non convince. Mettono insieme una somma di opinioni interessanti, ma oggettivamente discutibili". Ecco allora che di deve rilanciare con forza la proposta di "una agenzia europea di rating e, al contempo, si deve fare in modo che queste certificazioni siano a loro volta certificate da organismi o osservatori internazionali". Baretta pensa al Fondo monetario internazionale, ma non solo. "L'importante - sottolinea - e che questi giudizi si basino su dati di fatto e su previsioni precise, stilate sulla base di parametri internazionali condivisi. Chi dà giudizi deve essere posto sotto esame a sua volta". Altrimenti il rischio è che alla fine "si producano dei verdetti che possono influenzare i mercati esteri, danneggiando gli interessi del paese, senza che vi siano valutazioni oggettive e questo è grave".
Anche il presidente dell'Abi Antonio Patuelli non è andato giù per il sottile. "Queste agenzie hanno pluriconflitti di interesse e vivono in una condizione di privilegio e spesso di capitalismo anarchico, senza bilanciamenti e controlli".
Sarebbe ora che organismi imparziali e neutrali intervenissero a regolamentare il mercato dei rating, ma il perché però fino a oggi nessuno si sia ancora mosso, per il numero uno dell'Abi è abbastanza chiaro: "Questi sono signori potenti, evidentemente ci sono delle precauzioni per non scontentarli troppo".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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