"Ma quale Covid Tax? Se qualche collega ha chiesto uno o due euro in più per il rimborso dei kit è perché i prezzi dei dispositivi di protezione non sono affatto calmierati, il Codacons deve prendersela con il governo, non con noi". Romina Paludi, direttrice di un centro estetico nel cuore della Capitale è la portavoce di circa 20mila operatori del settore, messi in ginocchio dal lockdown.
Nei giorni scorsi l’associazione dei consumatori ha accusato alcuni di loro di aver aumentato del 25 per cento il prezzo di tagli, tinte e trattamenti. E di aver aggiunto al conto quella che è stata ribattezzata "tassa Covid". "Un balzello dai 2 ai 4 euro applicato dagli esercenti ai propri clienti, e inserito direttamente come sovraprezzo nello scontrino, per finanziare i maggiori costi sostenuti dagli esercizi commerciali a causa del coronavirus", si legge sul sito del Codacons.
Non solo. L’associazione parla dell’obbligo "ad acquistare in loco un kit monouso costituito da kimono e ciabattine, alla modica cifra di 10 euro". "Chi non versa la ‘tassa’ e non acquista il kit, non può sottoporsi ai trattamenti", ha denunciato il presidente Carlo Rienzi, determinato a sottoporre il caso a Guardia di Finanza e Antitrust. A segnalare l'applicazione del "contributo", che va dai quattro ai dieci euro a seconda dei casi, sono state decine di clienti che hanno inoltrato all'associazione le foto degli scontrini.
Confestetica però rispedisce le accuse al mittente, chiarendo come l’86 per cento dei centri non abbia affatto aumentato i prezzi. "Che Codacons, da un solo scontrino faccia partire una denuncia nazionale di tale portata, riportata da tutti i media, ci sembra davvero vergognoso, inaccettabile e altamente dannoso", scrive l'organizzazione in una nota. Dall'associazione di Rienzi però non hanno dubbi:"Anche se fossero poche decine, vanno denunciati".
"Quello che è potuto succedere in qualche caso - si difende Romina - è che sia stato chiesto il rimborso di uno o due euro per il kit che comprende kimono, guanti, cuffietta e mascherina, per chi non l’avesse con sé". Per l’estetista, si tratta di un fatto "fisiologico". "Abbiamo costi maggiori, la metà dei clienti e nessun aiuto dallo Stato", si sfoga. "Il lavoro - ci spiega - è calato del 40-50 per cento rispetto al periodo pre-pandemia". "Molti uffici sono ancora chiusi, la gente è impaurita, tanti si rifiutano di firmare l’autocertificazione imposta dal governo per motivi di privacy e preferiscono rinunciare ai trattamenti", ci dice al telefono.
"In più – aggiunge – abbiamo tutta una serie di spese aggiuntive: un pacco di guanti che prima costava dai 3 ai 4 euro al massimo oggi arriviamo a pagarlo 18 euro". "Stessa cosa per le mascherine – va avanti Romina – io a 50 centesimi ancora non le ho trovate, le pago un euro e 50 l’una". "Per questo - osserva - è fisiologico che qualcuno chieda un contributo per i dispositivi di sicurezza che siamo obbligati a fornire, altrimenti non riusciremmo a tenere alzata la serranda".
La rappresentante di categoria se la prende con il governo: "Stiamo ancora aspettando la cassa integrazione, e meno male che avevano riempito di soldi i conti correnti degli italiani". "Con i crediti di imposta non ci facciamo nulla, abbiamo bisogno di liquidità – attacca Romina – il Codacons invece di prendersela con i parrucchieri dovrebbe chiedere a Conte perché migliaia di imprenditori sono rimasti esclusi dal bando di Invitalia per l’acquisto dei Dpi: dopo un secondo erano già finiti i soldi, ma come è possibile?". "Perché non vanno a chiedere spiegazioni a chi ci vende guanti e mascherine a prezzi esorbitanti?", prosegue.
La fase due per i parrucchieri, insomma, stenta a decollare. "Si lavora male non ci sono regole certe e questo tende a far allontanare i clienti, alcuni di loro ce lo hanno detto chiaro e tondo", ci spiega Romina.
Dal Codacons però chiariscono: "Il nostro scopo non è certo attaccare la categoria, ma denunciare quegli operatori scorretti che rincarano i listini o applicano balzelli assurdi". "Non importa quanti siano – si legge in una nota diffusa oggi dall’organizzazione - se anche fossero poche decine, vanno denunciati per una pratica che i consumatori ritengono illegale".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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