«Harder, better, faster, stronger». Lo stile musicale ossessivo-ripetitivo dei Daft Punk applicato alla politica monetaria ai tempi del Covid. Quel fare di più, meglio, più in fretta, per essere più forti serve a Fabio Panetta, fedelissimo di Mario Draghi nel direttivo della Bce, come nota ribattuta allo scopo di riaffermare che c'è un solo modo per uscire dalla crisi: non mollare con gli stimoli, semmai da potenziare ulteriormente. Senza lasciarsi andare a fantasie di ritiro degli aiuti sfruttando l'alibi della risalita dei rendimenti dei titoli di Stato.
«L'aumento a cui stiamo assistendo non è desiderabile e va contrastato», mette subito in chiaro l'ex direttore generale di Bankitalia. Ancor più esplicito quando sottolinea in che modo debba essere contrastato: non c'è «motivo di esitare ad aumentare il volume degli acquisti e a spendere l'intera dotazione del Pepp (il piano contro l'emergenza pandemica, ndr), o anche più, se necessario». Questa è la direzione necessaria per impedire un «inasprimento delle condizioni di finanziamento che altrimenti potrebbe a lungo comprimere l'inflazione al di sotto del nostro obiettivo».
Il banchiere romano rovescia insomma la tesi secondo la quale le prospettive di ripresa economica legate alle campagne vaccinali e, quindi, alla fine delle serrate collettive genereranno spinte inflazionistiche, da contrastare irrigidendo la politica monetaria. Il capo della Bundesbank, Jens Weidmann, ha già ventilato l'ipotesi di una sorta di «tapering» se troveranno conferma le stime di un'inflazione al 3% in Germania quest'anno. Sono tamburi di guerra ancora lontani, ma da non sottovalutare. Perché sono ormai anni che la Buba, spalleggiata dal mondo del credito e facendo leva sulla pancia del Paese, ha fatto propria la battaglia contro l'azzeramento dei tassi che intossica i bilanci delle banche ed erode i risparmi dei cittadini. Anche se il passo disomogeneo della recovery all'interno dell'eurozona dovrebbe consigliare un agire prudente al governo tedesco, le frizioni fra colombe e falchi all'interno della banca centrale rischiano di esplodere e di complicare la missione che Christine Lagarde si è data di riportare in un consiglio diviso la pax monetaria.
Panetta ne è consapevole, e mette così in guardia contro le fughe in avanti. Partendo da una considerazione: il recente rialzo dell'inflazione osservato all'interno di Eurolandia è «transitorio» e perciò la Bce non reagirà a questa «gobba». Poi smonta la tesi basata sul fatto che le manovre di Francoforte sono inefficaci nella lotta contro la disinflazione, se non a patto di sopportare effetti collaterali inaccettabili. Dice, a implicita difesa del «Whatever it takes» di Draghi e di tutto ciò che ne è derivato in seguito: «Senza le nostre politiche, l'inflazione e la crescita del Pil sarebbero state notevolmente più basse, e un numero assai maggiore di cittadini sarebbe oggi senza lavoro».
Quindi, un punto fermo: visto che i cascami della pandemia si faranno sentire per tutto il 2021, le misure di sostegno all'economia «dovranno essere mantenute ben oltre la fine della pandemia. Bisogna resistere alla tentazione di una politica monetaria meno accomodante». Weidmann e i suoi seguaci sono avvisati.
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