Nuovi segnali di affanno per il settore del lusso. Il colosso Lvmh, primo gruppo al mondo con circa 75 marchi che spaziano dalla moda alla gioielleria, dagli hotel agli alcolici, ha avvertito che dietro al primo calo trimestrale delle vendite dalla pandemia pesa, e non poco, la grana Cina. Il gruppo transalpino guidato da Bernard Arnault (in foto) ha riportato ricavi in calo del 3% nel terzo trimestre con segni di cedimento anche dai marchi di punta Louis Vuitton e Dior. La reazione del mercato è stata gelida: discesa del titolo fino a -7% per poi ridurre il passivo a -3,7%. Lvmh deve fare i conti anche con le maggiori tasse una tantum introdotte da Parigi per risanare i conti pubblici, pari a un salasso quantificato tra 700 e 800 milioni per il gruppo nel 2025. La misura coinvolgerà circa 400 società con un gettito totale di 8 miliardi l'anno prossimo e Lvmh, alla luce delle sue dimensioni monstre, andrebbe a contribuire per circa il 10% del totale.
Relativamente agli stimoli predisposti da Pechino, al momento è difficile valutare il potenziale impatto sulla domanda di tali misure. Gli analisti di Citi segnalano l'assenza di miglioramenti nei consumi di beni di lusso in Cina dopo la recente svolta in termini di maggiori stimoli all'economia. Lvmh ritiene comunque che quello attuale sia un «rallentamento puramente ciclico» e quindi l'appetito del consumatore cinese per il lusso tornerà forte senza la necessità di adeguare la strategia di pricing dei prodotti.
Nelle prossime settimane sono attesi al varco altri big del lusso che sono stati colpiti profondamente dal fattore Cina a partire da Kering. Barclays guarda infatti con preoccupazione ai prossimi numeri di Kering con il marchio Gucci atteso segnare un tonfo a doppia cifra del 23%.
Il gruppo francese è da tempo alle prese con il rilancio del marchio italiano. L'ultima mossa è il cambio dell'amministratore delegato, con Stefano Cantino che prenderà le redini di Gucci dall'inizio del 2025 e farà parte anche del comitato esecutivo di Kering.
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