Troppe parole inglesi, legali-giuridici o arcaici, frasi lunghissime, elenchi farraginosi: le polizze assicurative in Italia sono scritte in un linguaggio che va bene per gli addetti ai lavori, ma che spaventa e confonde i consumatori di un Paese che sconta un grado di istruzione generale non eccelso e un vocabolario delle giovani generazioni impoverito.
Non è un caso quindi che in Italia ci si assicura poco con effetti negativi sull'economia e la società. L'analisi impietosa arriva da uno studio commissionato dall'Ivass, l'istituto di vigilanza delle assicurazioni, che fornisce una serie di suggerimenti che alcune compagnie stanno già adottando.
Con l'aiuto dell'intelligenza artificiale e ponendosi come riferimento il linguaggio utilizzato dai padri costituenti nella Costituzione, la Lpc Research con un gruppo di esperti e docenti universitari ha analizzato 30 contratti infortuni di 30 imprese di assicurazione che rappresentano complessivamente circa l'80% in termini di raccolta premi del ramo.
Come ha spiegato durante la presentazione del rapporto il componente del consiglio dell'Ivass Riccardo Cesari «nonostante alcuni passi in avanti, il linguaggio che ancora tende a dominare nella contrattualistica assicurativa (ma non solo assicurativa) è quello giuridico-legale», che va incontro «alle esigenze di certezza e alla cultura tecnica di chi quei contratti», ma non di chi li acquista, «privo, in molti casi, degli strumenti conoscitivi» per poterli comprendere.
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