La crisi si è fatta sentire anche nel settore del trading online. Dopo il boom degli anni Duemila con la febbre di Internet e il Toro continuo sui mercati, il numero dei trader professionisti si è fermato tra i 10 e i 12 mila operatori. Si è assistito, soprattutto, a un forte consolidamento degli intermediari e dei provider di piattaforme tecnologiche: da circa 80 operatori si è passati a meno di dieci, con cinque grandi attori. Eppure è cresciuto l’interesse delle banche e delle reti per l’operatività finanziaria online, in grado di avvicinare gli investitori fai-da-te che utilizzano il web non per speculare ma per gestire in autonomia i propri risparmi. Si tratta di un mercato complementare all’industria del risparmio sviluppata dalle banche attraverso la consulenza. Proprio sull’offerta di prodotti trasparenti e accessibili, di tecnologie avanzate (con lo sviluppo in mobilità con smartphone e tablet) e di cultura finanziaria, si gioca la sfida del settore che deve fare anche i conti con gli effetti negativi dell’introduzione della Tobin tax.
Sono queste le analisi e le prospettive più importanti emerse nella Tavola rotonda organizzata da BancaFinanza su Trading on line: gli operatori e le innovazioni del settore. Alla tavola, moderata da Angela Maria Scullica, direttore di BancaFinanza, Giornale delle assicurazioni ed Espansione, e da Achille Perego, caposervizio economia e finanza di Quotidiano Nazionale, hanno partecipato: Giuseppe D’Antonio, responsabile dell’area commerciale di Iwbank; Stefano Limonta, amministratore delegato di Kline; Vincenzo Tedeschi, direttore generale di Binck Italia; Mario Fabbri amministratore delegato di Directa; Mauro Vicini responsabile di Web Sim (gruppo Intermonte); Gabriele Vedani, managing director di Fxcm e presidente di Assoforex Cfd; Claudia Petracca, responsabile area legale di Assosim; Paolo Lombardi, responsabile settore web e mobile banking del Gruppo Mps; Davide Biocchi, trader professionista.
Domanda. Qual è la situazione del trading online? La crisi ha avuto riflessi anche su questo mercato?
D’Antonio. Guardando i dati di Borsa degli ultimi dieci anni emerge con chiarezza che il settore del trading online ha subito una contrazione nell’ammontare degli scambi, che si è aggravata con l’introduzione della Tobin tax. Grazie al nostro osservatorio abbiamo rilevato inoltre una concentrazione degli scambi tra i trader professionisti, mentre presenta una fase di ulteriore contrazione il mercato dei trader più occasionali. Un andamento che non ci conforta per il futuro. Per questo è necessario riflettere a livello di sistema su quali possano essere le vie di sviluppo per un settore tanto importante nell’economia del paese, vista anche la sua rilevanza per il funzionamento del mercato. Spostando l’attenzione sull’offerta, appare evidente che gli operatori dovranno trovare rapidamente nuove soluzioni, in termini di servizi, di mercati e di strumenti, per bilanciare questo andamento. In tale ambito sarà fondamentale non solo accompagnare i trader lungo un percorso di crescita evolutiva, ma anche contribuire a far nascere nuove generazioni. In questo contesto risulta sempre più necessario investire sulla formazione. Per questo IwBank offre da sempre un servizio di formazione gratuita che si articola in due diverse soluzioni pensate per soddisfare sia gli investitori più evoluti sia coloro che ancora non hanno esperienza: alta formazione e trading room. Anche il mondo dell’informazione, attraverso una costante azione di divulgazione sulle opportunità offerte dal mondo del trading, potrebbe essere d’aiuto per creare un contesto più favorevole al settore.
Limonta. Basandomi sulle piattaforme che la nostra azienda fornisce agli intermediari posso dire che è cresciuta moltissimo la richiesta di algo trading. Chi opera sui mercati on line vuole fare qualcosa in più e vuole farlo in maniera diversa, non affidandosi solo al sentiment o allo scalping, sempre più difficili in mercati volatili, dove di raziocinio ce n’è poco, ma con la possibilità di analizzare in modo puntuale, sistematico, algoritmico i movimenti non per prevenirli, cosa impossibile, ma almeno per interpretarli. Partecipando a varie manifestazioni come il Trading online Expo, si percepisce come gli intermediari diano sempre più informazioni. Ma ho la sensazione che la competenza di chi compra e vende strumenti finanziari stia diminuendo. Tutti sono alla ricerca dell’Eldorado, di un modo per vivere di trading senza capirlo fino in fondo. Un approccio sbagliato, poco proficuo. Chi invece opera leggendo in maniera asettica i dati ed elaborandoli, ottiene riscontri economici molto forti. Sta aumentando il numero di chi segue questa strada e fa del trading una professione. Molti usciti magari dalle banche si riuniscono in associazioni di capitale, svolgono il lavoro che facevano prima, diventano clienti di intermediari. E non sono soggetti alla stessa vigilanza regolamentare. Intendiamoci, non fanno nulla di irregolare, ma non devono sottostare ai paletti che comprimono gli utili degli intermediari, perché, ricordiamoci, la regolamentazione amplia in maniera smisurata i costi.
D. È vero che sta crescendo la richiesta di informazioni?
Vicini. Noi facciamo informativa e consulenza alla clientela retail dall’inizio del Duemila, quindi dal boom di Internet. E posso dire che negli ultimi anni la fame di notizie e di consulenza è cresciuta tantissimo. L’utente privato ha bisogno sempre più di informazioni. E con un mercato italiano diventato marginale, la difficoltà del nostro lavoro è aumentata perché non possiamo occuparci più solo di azioni italiane ma di problematiche complesse, dal settore obbligazionario internazionale ai mercati emergenti. Se, come si diceva, il mondo del trading ha risentito degli effetti della crisi, la domanda informativa è sempre più ampia. Ma è cambiato anche il profilo dell’investitore fai-da-te non più e non solo interessato alla speculazione di breve termine. Oggi sono aumentate le richieste di suggerimenti per costruire portafogli complessi, basati non solo sull’azionario italiano. In questo senso abbiamo la fortuna di avere tanti strumenti in più rispetto al passato, basta pensare agli Etf. Strumenti che con un ammontare modesto di liquidità consentono di diversificare il portafoglio e, in prospettiva, rendono interessante l’attività del trader. Questo chiama in causa il tema della cultura finanziaria. Devo dire che le banche non hanno fatto molto per accrescerla e non hanno interesse a farlo. Il nostro impegno e quello di tanti altri attori del trading online è concentrato sulla cultura finanziaria. L’educational però richiede investimenti, tempo, risorse. E con il trend dei mercati degli ultimi anni, la formazione è diventata sempre più costosa e difficile.
Vedani. L’Italia sta attraversando una fase congiunturale molto simile a quella della Francia e un po’ meno a quella della Germania. Una fase che assomiglia molto al panorama americano di sei, sette anni fa. È un mercato che tende alla maturazione, con volumi in contrazione e con un’offerta che è sproporzionata rispetto alla domanda. Negli Stati Uniti questo ha generato un naturale processo di consolidamento del mercato. E un maggiore interesse da parte delle autorità di vigilanza che hanno messo i paletti a tante attività proposte da noi e poi prese in mano dai regolatori. Per esempio il social trading prima è stato lanciato e poi normato. Questo scenario impone una grande attenzione alla qualita. Direi a 360 gradi. Quindi una forte attenzione agli aspetti di compliance legali e la capacità di rassicurare i clienti sulla tipologia della controparte con cui si trovano a lavorare. Un non problema fino al 2008 poi il mondo è cambiato. E la domanda che si sente spesso riguarda le garanzie sui fondi investiti. Ma viene richiesta anche la qualità sul contenuto del servizio. Condivido i due aspetti evidenziati da Limonta e Vicini. Ovvero, la qualità tecnologica sempre piu richiesta da una platea molto eterogena che va dal cliente che non sa fare ripartire il Pc a quello che necessita di soluzioni tecnologiche complesse. Ma bisogna investire tantissimo anche sull’aspetto consulenziale. La nostra azienda è nata come operatore del Forex, quindi come specialista di valute. Prima avevamo rapporti quasi esclusivamente con persone che già facevano trading ed erano nuove del Forex. Negli ultimi due anni invece è aumentato il numero delle persone che, da neofite, si avvicinano al mercato delle valute facendo trading in senso lato. Una volta il percorso del trader italiano prevedeva prima l’approccio al mercato azionario, poi a bond, commodities, Forex, futures. Oggi la situazione si è ribaltata. E quando si parla con il neofita se non si vuole scadere nella assimilazione del nostro lavoro al poker online o al Gratta e vinci, è indispensabile avviare un processo di formazione per fare del trading non casuale ma consapevole.
D. La crisi ha aumentato l’interesse delle banche verso il trading online?
Fabbri. Fin dall’inizio siamo sempre stati focalizzati sul retail. In eventi e corsi dedicati a questo settore, abbiamo rilevato la crescita dei privati dotati della competenza tecnica necessaria per cominciare a praticare il trading online. All’inizio, invece, anche l’utilizzo di un modem era un ostacolo non indifferente da superare. Detto questo, non vedo una grande variazione rispetto al passato: il segmento di pubblico appassionato ai mercati finanziari è sempre lo stesso, e sono solo le vicende infauste dell’economia italiana ad aver prodotto un certo sgonfiamento del settore, rendendo la vita difficile agli operatori. Nel 2001, al tempo della new economy, c’erano circa 80 intermediari che proponevano piattaforme di trading on line ai privati. Adesso, al di là dei primi cinque operatori maggiori è rimasto ben poco. Noi siamo, direi, l’ultima sim rimasta, focalizzata sul trading: le altre sono state acquisite da banche o gruppi di promotori finanziari. Siamo riusciti a mantenere una dimensione economica tale da chiudere il bilancio in nero, ma espandere il parco clienti è, appunto dal 2001, impresa lenta e difficile. Vorrei fare due altre considerazioni. Un fatto nuovo, nel mondo del trading on line italiano è il forte interesse di una parte del pubblico verso il mercato Forex. È un settore nuovo da cui ci eravamo sempre tenuti fuori perché, all’inizio, gli operatori si ponevano rispetto ai loro clienti nella posizione non di intermediari ma di controparti, che perdono quando il cliente guadagna e guadagnano solo quando il cliente perde. Poi la situazione è in parte cambiata e ora sono finalmente apparsi dei veri mercati come Lmax, con un vero book, come i mercati dei futures. Questo ci ha permesso di entrare in questo settore di per sé molto interessante. La seconda considerazione è la difficoltà, mi spiace dirlo, per un operatore finanziario italiano di acquisire clienti non italiani. Come Directa abbiamo fatto da tempo dei tentativi di espanderci fuori dai confini nazionali e a oggi abbiamo meno di 500 clienti operativi all’estero, quasi tutti in Germania. Per questo abbiamo pensato a un nuovo modello, basato sulla collaborazione con operatori locali e lo stiamo sperimentando nella Repubblica Ceca facendo leva sulla nostra nuova offerta Forex. Se la strategia funziona, potremmo espanderla verso altri paesi. Questo sviluppo nasce anche dalla nostra ridotta fiducia sulle prospettive del mercato italiano, che sono state ulteriormente peggiorate dopo l’introduzione della Tobin tax, che, secondo le nostre valutazioni ha portato a una riduzione almeno del 10% dell’attività retail.
Tedeschi. Binck, azienda di origini olandesi, con filiali in Belgio, Francia, dall’anno scorso è presente anche in Italia. Siamo gli ultimi arrivati, il primo operatore fuori dalla top five. Credo, con una visione diversa da quella di chi mi ha preceduto, che sul mercato italiano ci sia ancora spazio. Sicuramente il mercato di chi fa trading per speculare è un mercato maturo, con una forte richiesta di tecnologia e commissioni basse rispetto al resto dell’Europa. Ma c’è anche un secondo mercato, quello del risparmiatore fai-da-te che vuole tutelare il proprio patrimonio e ricavarne un piccolo rendimento. In questo ambito c’è ancora spazio. Del resto l’avvento delle banche online ha fatto sì che molte persone si siano decise a curare in prima persona il risparmio. Una scelta figlia anche della crisi di fiducia verso gli “sportellisti” e le reti di promotori. Per ora questo fenomeno interessa solo una nicchia di clienti più evoluti ma potrà allargarsi. Del resto strumenti come gli Etf o i bond permettono, con un piccolo impegno, di seguire il proprio patrimonio senza ricorrere all’impiegato bancario tradizionale. C’è in atto un trend che sta allontanando i clienti dagli sportelli, avvantaggiando oggi i promotori finanziari ma credo che ci sarà un’ulteriore fase in cui ci si allontanerà anche dai promotori utilizzando solo Internet per curare i propri risparmi. Quindi, se da una parte si è verificata una concentrazione degli operatori del classico trading on line, dall’altra abbiamo assistito a un ingresso nel settore di nuovi protagonisti, dal Conto Arancio a banche come Bnl o Mps, che stanno investendo molto nell’online, alle Poste.
Biocchi. Il numero dei trader a tempo pieno in Italia non supera le 10mila unità, inferiore (in Europa) solo alla Germania, ma cresce l’universo dei soggetti interessati a questa attività, complice la crisi economica, che stimola attività alternative causa perdite di posti di lavoro. Se consideriamo però anche chi dà solo “un’occhiata” ogni tanto ai mercati, allora il numero è enormemente più grande, e ciò spiega il rinnovato fermento tra gli operatori del settore, specie sul mercato Forex. L’opportunità poi legata all’uso degli smartphone, farà crescere esponenzialmente il numero di chi seguirà i mercati, trasformando il trading in un prodotto di massa. Oggi chi opera in mobilità perlopiù monitora gli andamenti e gli eseguiti sono ancora pochi (circa il 5% del totale) ma la partita tra i diversi player si giocherà qui: su Forex e trading in mobilità. Un mercato in gran parte ancora da catturare.
Lombardi. Noi siamo una banca retail con milioni di correntisti che guarda con particolare interesse al trading online. Come gli altri leader di mercato siamo tra coloro che stanno investendo di più in questo settore. In questi mesi, come previsto dal piano industriale redatto dal nuovo management, abbiamo investito in una nuova piattaforma che non vuole fare concorrenza a quelle dedicate al trading professionale ma si rivolge ai clienti del trading online di fascia media. Un segmento di mercato dove assistiamo a un movimento molto interessante tanto da registrare un 30% di clienti nuovi legato principalmente a cambiamenti comportamentali. A parte i nativi digitali, ormai già “bancarizzabili”, ci sono anche gli over 50, 60 o 70 che utilizzano gli smartphone e sono collegati a Internet tutto il giorno. Vediamo quindi una grande capacità di espansione di questo mercato dove, oltre ai professionisti, ci sono almeno 300mila possibili trader che vanno seguiti anche in mobilità. Credo che sarà vincente l’aspetto delle App, soprattutto considerando la peculiarità del cliente italiano, ai vertici delle classifiche mondiali sia per la diffusione dei tablet che degli smartphone. Quindi, ripeto, vedo un ottimo futuro per il trading online anche per gli utenti da venti ordini all’anno.
D. Gli investimenti delle banche in piattaforme tecnologiche e quindi nel risparmio fai-da-te non è in contraddizione con la spinta a fornire sempre più servizi di consulenza allo sportello?
Lombardi. Non credo, anzi la consulenza fatta in filiale è sinergica con le operazioni in self banking. Il cliente prima si forma con il gestore e poi impara a utilizzare il self banking ivi incluso il trading online. Noi contiamo molto su questo dialogo, visto che il cliente può direttamente perseguire sulla piattaforma che usa a casa o in ufficio le indicazioni ricevute dal gestore, rafforzando dunque il legame di fiducia con la propria banca.
D. Quali sono i principali aspetti normativi che riguardano il mondo del trading online?
Petracca. Dal punto di vista giuridico, la possibilità di sottoscrivere via internet contratti di investimento con la clientela retail ha un limite normativo nell’obbligo, espressamente sancito dall’art. 23 del Tuf, della forma scritta (con la sola eccezione dei contratti di consulenza). Vista la necessità di questo requisito, la cui mancanza può dar luogo a nullità relativa, la conclusione di contratti di investimento via Web è oggi possibile soltanto ricorrendo alla firma digitale che è, a tutti gli effetti, equiparabile a quella scritta. Molti intermediari offrono poi, avvalendosi di specifiche piattaforme informatiche, la prestazione su base continuativa del servizio di esecuzione ordini per conto dei clienti e di ricezione e trasmissione ordini. I sistemi informatici di cui gli intermediari generalmente utilizzano per il trading on line permettono alla clientela, attraverso login di accesso e password, di entrare nel sistema e immettere l’ordine direttamente sui mercati. Dal punto di vista organizzativo, gli intermediari dovranno in ogni caso garantire una trattazione rapida, corretta ed efficiente degli ordini immessi nel sistema ed evitare cadute del sistema o suoi malfunzionamenti. Le piattaforme devono anche, se si opera al di fuori del regime di execution only, garantire che l’operazione sia coerente con il profilo di rischio del cliente secondo quanto previsto dalla vigente normativa. Restando peraltro l’intermediario l’unico soggetto abilitato a operare sui mercati, si ritiene che, dal punto di vista giuridico, quest’ultimo assuma la veste di “mandatario” del cliente il quale, immettendo nella piattaforma la disposizione di investimento, manifesta in tal modo la propria volontà negoziale.
D. Ci sono aspetti critici dal punto di vista regolatorio?
D’Antonio. Non particolarmente. Le regole fanno parte del nostro mondo e hanno una valenza importante per dare stabilità, trasparenza e certezze in un mercato spesso caratterizzato da innovazioni e rapidi cambiamenti. L’impianto normativo aiuta soprattutto a dare tranquillità ai più deboli, sulla cui graduale crescita si fonda la speranza di dare sostanza all’allargamento del trading retail, ma garantisce indirettamente anche chi nel settore opera nel pieno rispetto delle regole. Evidentemente introdurre e mantenere il sistema dei controlli ha costi significativi che talvolta, e sempre più di frequente, non aiutano lo sviluppo delle imprese marginali, facendo emergere la fragilità dei loro conti economici. Questo è ancora più vero in un mercato che attraversa una fase di regresso. Non ci si dovrà meravigliare se nel prossimo futuro si assisterà a un processo di consolidamento degli operatori del settore. Forse, indirettamente, lo scopo della regolamentazione è anche quello di creare un mercato solido, stabile, costituito da operatori “attrezzati” su tutti i fronti gestionali.
Limonta. Il problema non sono i controlli ma come vengono utilizzati. Diciamolo: a nessuno interessa profilare il cliente perché si muova poco. Le norme introdotte negli ultimi anni, compresa la Mifid hanno solo spostato il problema, non l’hanno risolto. Quanto al mercato, non credo sia in contrazione ma che semplicemente stia cambiando. È diverso l’approccio che i trader avevano dieci anni fa rispetto a oggi e lo sarà tra cinque o dieci anni. Molte più persone si stanno avvicinando al mercato. L’offerta degli intermediari è molto ampia. E il punto sta proprio qui: cercare di capire come deve avvenire questo approccio. Molte volte i trader si vedono spaesati, non conoscono la differenza sotto il profilo del rischio tra bond, Etf, divise: questo può essere pericoloso per tutti e creare un effetto distorsivo molto ampio. Quanto alla Tobin tax, doveva colpire la speculazione invece ha oppresso di tasse chi tiene due mesi in portafoglio una obbligazione. E la cosa curiosa è che, non solo in Italia, si fa finta di non capire.
Vicini. Finora è quasi sempre stato messo in contrasto il mondo della consulenza con quello dei trader. Per fortuna il mercato e la mole di risparmio degli italiani ancora importantissima consente ai due mondi di vivere ed essere complementari. Da sempre mi ricordo che esistevano risparmiatori che lasciavano una parte del patrimonio in gestione e un’altra veniva gestita in proprio. Credo che questa componente sia destinata a crescere grazie anche alla quantità di strumenti, anche di protezione, disponibili per il privato. È compito allora degli intermediari garantire questa potenziale offerta e responsabilità del risparmiatore aumentare, con la richiesta di informazione, cresciuta in tempo di crisi, la sua cultura finanziaria.
Vedani. Vorrei fare una riflessione sulle differenze evidenti tra l’Italia e il resto del mondo in tema di controlli. La nullità del contratto, non scambiato in forma scritta, come ricordava l’avvocato Petracca, è una norma tipicamente italiana. La prima volta che l’ho spiegata ai colleghi di New York mi hanno guardato come se fossi uno appena sbarcato da Marte! Queste norme rappresentano un costo non irrilevante oltre al costo finale del rischio-disamoramento del cliente. Noi soffriamo la concorrenza di tante aziende che vengono dall’estero, da paradisi normativi come Cipro o Malta, e che, sfruttando una normativa piu lassa in regime di semplice libera prestazione di servizi, arrivano in Italia e offrono gli stessi servizi e le stesse applicazioni online senza dover ottemperare alle nostre norme. Per esempio quella dello scambio del contratto firmato. Quindi la complessità normativa diventa pesante se non c’è un’adeguata protezione rispetto all’offerta di aziende estere non sottoposte a questo regime. Secondo me non abbiamo abbastanza coraggio nell’unirci per fare sentire questa necessità. Per questo sarebbe opportuno aprire un tavolo di confronto per avere maggiore voce in capitolo.
Biocchi. Il trading cambia, ma il settore fa fatica ad accorgersene. Da un recente convegno di Borsa Italiana, emerge che negli ultimi cinque anni l’età media del trader è aumentata di nove, da 45 a 54 anni. Tutto ciò significa che il ricco trader “old style” invecchia rapidamente ed è destinato a estinguersi. E il suo successore è molto diverso, più giovane e meno disposto a “farsi fregare”. Utilizza smartphone e tablet ed esige education di qualità e strumenti all’altezza (piattaforme, informazione, ecc.). Ha meno soldi rispetto al suo predecessore (occhio agli aspetti normativi della leva finanziaria), ma vuole saperne di più perché tiene molto al suo prezioso capitale iniziale. Crescerà il successo dei Cfd, il contratto per differenza, e di conseguenza le esigenze di education sullo strumento. Dal punto di vista regolatorio (ma non solo) L-max exchange, vero mercato per valute di Londra con licenza dell’Unione Europea, ridisegnerà il trading su valute. Grazie alla sua struttura di Mtf, che lo rende simile ai mercati di azioni e futures, con annesse attività di contabilità e tenuta dei margini, rivoluzionerà il trading su questo tipo di strumento, spazzando via il vecchio sistema a market makers.
Fabbri. Non vedo grandi possibilità che il nostro settore si organizzi per fare pressioni sui politici in modo coordinato: ho avuto l’impressione che aver evitato l’introduzione delle prime versioni della Tobin tax, al di là delle pressioni separatamente esercitate da vari soggetti, sia dovuto al fatto che il legislatore, a un certo punto, ha temuto di dover rispondere della fine della Borsa italiana. Quando si parla di finanza, oggi è di moda la caccia alle streghe. La Tobin tax dichiara di poter incassare un miliardo, cosa che non avverrà, ma non conta: l’importante è che risponda all’umore popolare che vede nella finanza la colpevole della crisi, che va punita. Non importa poi se chiuderà il 50% degli operatori. Penso che il futuro del trading on line alla fine dipenderà molto dagli sviluppi dell’economia italiana. Qui non è detto che le cose debbano andare proprio male: può anche darsi che migliorino un po’, anche se temo che il nostro paese più che in una guarigione possa sperare più che altro in una remissione temporanea.
Tedeschi. Sono d’accordo sul fatto che la Tobin tax sia una tassa antivirtuosa. È stata solo uno strumento di marketing politico come l’abolizione dell’Imu sulla prima casa. Vorrei però tornare al discorso della consulenza applicata al fai-da-te. La consulenza bancaria ha un peccato originale basato sul modo in cui viene retribuito, ovvero con la retrocessione sui prodotti collocati con il monomandato.
Il cliente non crede più che se a fare consulenza è il dipendente della banca che vende i suoi prodotti sia una consulenza nel suo interesse. In realtà il modello provvigionale è inversamente proporzionale agli interessi dei clienti. E più il prodotto è inefficiente e rischioso, più la banca guadagna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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