La ripresa dell'economia italiana non ha ridotto il rischio di povertà ed esclusione sociale dei cittadini. Vivono in questa condizione, calcola l'Istat, oltre 14 milioni e 300mila persone, poco meno di un quarto della popolazione nel 2022, quasi come l'anno precedente.
La percentuale di individui a rischio è passata dal 25,2% al 24,4% a livello Paese, ma nel Mezzogiorno è rimasta immobile e riguarda oltre quattro persone su 10, come nel 2021, ed è addirittura aumentata in Puglia, Sardegna e Calabria. Eppure qualcosa è cambiato. Non le disuguaglianze nei redditi, che sono rimaste tali e quali, ma senza il reddito di cittadinanza e gli altri sostegni per il Covid sarebbero state più elevate. Il rischio specifico di povertà colpisce sempre il 20,1% della popolazione, ma sono diminuite le persone nella fascia di disagio più profonda. La condizione di grave deprivazione materiale e sociale vede il 4,5% della popolazione, in calo dal 5,9% del 2021, grazie alla ripresa dopo la crisi pandemica e all'incremento dell'occupazione.
Le persone che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro si sono, infatti, ridotte dal 10,8% del 2021 al 9,8%. I dati sui redditi, aggiornati al 2021, indicano una crescita dell'importo netto fino a una media di 33.798 euro all'anno, poco più 2.800 euro al mese a famiglia. Rispetto al primo anno del Covid, l'aumento è dell'1%, al netto dell'inflazione, ma ancora i redditi sono inferiori a quelli del 2007, prima della grande crisi.
In termini reali devono ancora recuperare a circa il 10% dei redditi le famiglie del Centro e del Sud, così come quelle di lavoratori autonomi e risultano particolarmente penalizzati anche i dipendenti.Stabile il divario tra il quinto più ricco e il quinto più povero della popolazione.
Oltre un milione e mezzo di famiglie hanno beneficiato, del resto, del reddito di cittadinanza, il 5,9% del totale, con un importo medio di 5.522 euro all'anno mentre le misure di emergenza per la pandemia hanno raggiunto circa il 15% dei nuclei.
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