Un assegno pensionistico più leggero del 30% rispetto a quanto sarebbe dovuto essere. È questo il rischio (concreto) che corrono i giovani lavoratori di oggi. Gli attuali trentenni, infatti, potrebbero vedersi corrispondere una pensione ridotta anche del 30% quando, fra decenni, lasceranno il proprio posto di lavoro per aver raggiunto l’età pensionabile.
Tutta colpa della non-crescita economica del Belpaese. Il Pil sotto lo zero, la recessione e la deflazione attaccano ed erodono le pensioni del domani. E così per i nostri giovani il danno e la beffa sono serviti. Negli ultimi dieci anni, complice la crisi economia del 2008, trovare un lavoro stabile e ben pagato non è cosa di tutti i giorni, figuriamoci allora la possibilità di godere, dopo i sessant’anni, di una pensione adeguata.
L’economia italiana non cresce quando dovrebbe e allora a pagarne le spese è l’intero sistema Paese, a partire dai più giovani. I trentenni, però, non sono gli unici a rimetterci. Lo spauracchio del 20-30% in meno sull’assegno pensionistico interessa anche i quarantenni e i cinquantenni che si collocano all’interno del sistema contributivo, avendo iniziato a lavorare dopo il 1996. In quell’anno, infatti, la riforma Dini – l’allora presidente del Consiglio dei ministri – legò a doppio filo le pensioni alla media (quinquennale) del Prodotto Interno Lordo. In soldoni, se il Pil va giù, con esso calano anche le pensioni; se invece il Pil va bene, le pensioni aumentano di peso.
L’andazzo del nostro Pil in questi anni lo conosciamo bene e soprattutto sappiamo bene quali siano le prospettive di stagnazione del 2020 causa pandemia di coronavirus (un crollo del 10% circa). Basti pensare al fatto che nell’ultimo decennio per ben otto volte la media quinquennale del Pil – al netto dell’inflazione – porta con sé il segno meno.
Nel futuro dei trentenni e quarantenni di oggi, insomma, sono previste pensioni più basse, a meno di un’inversione di rotta tanto repentina quanto duratura. Secondo l’esperto di previdenza Andrea Carbone, interpellato da Repubblica, "le pensioni non riusciranno per molto tempo a recuperare nemmeno l'inflazione, quando i prezzi torneranno a salire", motivo per il quale il taglio del 20-30% sull’assegno pensionistico è una concreta possibilità "se il Paese torna a crescere, crea lavoro stabile e ben retribuito…", aggiunge l’eserto di Progetica.
E così, mentre l’attuale governo giallorosso discute – insieme ai sindacati – su come modificare Quota100 (in scadenza a fine 2021) e introdurre una duplice uscita anticipata a 62 anni o a 64 anni - non senza penalizzazioni da scontare, come spiega Gian Maria De Francesco su ilGiornale oggi in edicola - , c’è chi già sa che potrebbe godere di una pensione del 20-30% più bassa.
Secondo i calcoli di Progetica, per cconcluere, un trentenne – in media –
è destinato a perdere quasi 400 euro al mesee (386 per l’esattezza), mentre chi ha quaranta o cinquant’anni dovrebbe lasciare per strada il 15%. Appena il 2%, invece, un sessantenne vicino all’uscita dal mondo del lavoro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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