Scontro aperto sull'inflazione. I falchi vogliono i tassi al 4%

Alla prudenza predicata da Panetta, la Schnabel replica dura: "Agiremo con forza, prezzi ancora in aumento"

Scontro aperto sull'inflazione. I falchi vogliono i tassi al 4%

Schnabel versus Panetta, la Bce trasformata in un ring dove darsele di santa ragione sul tema sempre più divisivo su come muovere le leve dei tassi. A meno di 24 ore dall'esortazione rivolta all'Eurotower dal componente italiano del board a non impegnarsi incondizionatamente sulle proprie mosse future e a non guidare come un pazzo a fari spenti nella notte per evitare il rischio di una restrizione eccessiva, la tedesca Isabel, che di Fabio è collega, affida a «Bloomberg» una puntuta replica che incorpora anche un severo ammonimento ai mercati. Siamo ancora lontani dal cantar vittoria (sull'inflazione, ndr); se l'economia non rispondesse come accaduto in passato all'azione di restringimento delle maglie monetarie, potremmo dover agire con più forza. È la locuzione con cui la Bce indica la possibilità di inasprire il costo del denaro oltre le attese, un'eventualità che gli investitori sembrano ormai aver messo in conto. Il pivot dei tassi viene infatti ora indicato al 3,5%, un livello che il governatore della Banque de France, Francois Villeroy de Galhau, ritiene possa essere raggiunto entro settembre.

A dispetto delle dichiarata intenzione di calibrare le proprie mosse in base ai dati macroeconomici, l'istituto guidato da Christine Lagarde sembra procedere col pilota automatico inserito. Schnabel non ha alcun dubbio sul fatto che un rialzo del costo del denaro di 50 punti in marzo sia necessario in tutti gli scenari plausibili poiché è molto improbabile che i dati mettano in discussione questa intenzione. Lei, peraltro, ha un orizzonte temporale ancor più dilatato avendo già messo in conto una stretta dello 0,50% anche per maggio. Con un punto secco di inasprimento, saremmo già al 4%. Prospettiva che dovrebbe indurre i mercati a muoversi con la cautela di chi cammina sulle uova. E invece, no. Schnabel tira fuori il cartellino giallo: gli investitori, suppongono che l'inflazione scenderà molto rapidamente verso il 2% e rimarrà lì e che l'economia andrà bene, ma rischiano di sottovalutare la persistenza dell'inflazione e la risposta necessaria per tenerla sotto controllo. Sono proprio i numeri, secondo il falco tedesco, a corroborare la convinzione che ci sia ancora molto lavoro da fare. Il processo di disinflazione non è nemmeno iniziato. Gli indicatori che eliminano le componenti volatili sono ancorati a livelli record. Un'altra risposta a Panetta, secondo cui la dinamica dei prezzi al consumo potrebbe scendere al di sotto del 3% sul finire di quest'anno.

La contrapposizione fra falchi e colombe si va facendo serrata, e non solo fra le mura dell'Eurotower. C'è un fronte hawkish alla Federal Reserve che sta uscendo sempre più allo scoperto, come dimostrano le parole di Loretta Mester (Fed di Cleveland) sulla necessità di portare i tassi oltre il 5% e il sostegno a una stretta di mezzo punto in marzo di James Bullard (St. Louis). Il problema è che questa cacofonia di voci finisce per disorientare i mercati. Soprattutto quelli europei. Ieri, a ridosso delle parole della Schnabel, lo spread Btp-Bund si è arrampicato fino a 190 punti e i rendimenti del decennale sono risaliti attorno al 4,5%. Un'analisi di Reuters stima che l'anno prossimo saranno al 5%, un livello non molto distante da quello raggiunto durante la crisi del debito. L'inflazione attenua il peso del debito, ma il nemico di Roma è la volatilità.

L'incerta retorica della Bce ha portato i mercati obbligazionari su quello che Francesco Maria Di Bella, stratega del reddito fisso di Unicredit, ha definito un giro sulle montagne russe. Il rischio è quello di finire nel tunnel dell'orrore.

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