Gli Stati Uniti corrono senza indugio, l'Europa è invece ferma e il suo futuro è in pericolo. Andrea Orcel, protagonista assoluto del risiko bancario con l'operazione Commerzbank in Europa e con l'offerta su Banco Bpm in Italia, si accoda all'avvertimento lanciato nei mesi scorsi da Mario Draghi e invita l'Europa a non lasciare inespresso il potenziale del Mercato Unico, altrimenti la lenta agonia presto potrebbe diventare realtà. L'amministratore delegato di Unicredit dalle colonne del Financial Times ieri ha caldeggiato con forza il concretizzarsi dell'Unione Bancaria. «Ci sono già le basi per l'integrazione del sistema bancario europeo: potrebbe essere completata rapidamente ed è necessaria per sostenere la crescita e finanziare nuove infrastrutture. Eppure, nella pratica, finora è stato fatto ben poco», è il succo dell'appello accorato da parte di Orcel, che arriva a conclusione di una nuova settimana di esaltazione finanziaria. Unicredit ha infatti aumentato la propria posizione in Commerzbank al 28% del capitale e Berlino ha subito alzato nuove barricate all'avanzata italiana, sollecitando un dietrofront dell'istituto.
Nel suo intervento sul FT, il banchiere romano si sofferma lungamente sulle carenze del mercato unico in Europa in quanto «incompleto» e dunque per potenziarlo serve una strategia comune. «Eppure, non riusciamo ad accordarci su questioni semplici, come un'unione bancaria o dei mercati dei capitali, che potrebbero dare un forte impulso agli investimenti e alla crescita. Se ci muovessimo in questa direzione, molte difficoltà strutturali potrebbero essere superate. Credo fortemente nella convergenza del nostro sistema bancario. Credo che in Europa possano esistere banche più forti. È per questo che, come Unicredit, abbiamo investito in Commerzbank e presentato un'offerta per Banco Bpm. Queste decisioni, prese nell'interesse dei nostri stakeholder, accendono i riflettori sulla necessità di una Unione più forte e sul futuro del mercato unico», argomenta Orcel. Per far comprendere il senso di urgenza della situazione, il numero uno di Unicredit cita quanto affermato a inizio mese da Ken Griffin, fondatore di Citadel Securities (L'Europa sta scomparendo, Gli indicatori di reddito pro capite sono sconfortanti) ritenendo che «quando le voci più autorevoli della finanza americana lanciano giudizi così critici sul nostro continente, significa che è arrivato il momento di rimboccarsi le maniche e reagire. Poco più di vent'anni fa, l'Unione Europea ha vissuto la sua più grande espansione di sempre, che ha dato vita a un mercato unico di circa 450 milioni di persone e ha portato stabilità, democrazia e prosperità economica. La visione positiva che ha animato quel periodo storico, seppur ancora possibile, oggi è seriamente in pericolo». La posta in gioco è alta, come ricordato dai rapporti di Enrico Letta e Mario Draghi sull'Unione Europea.
E l'assenza di un'integrazione concreta si traduce «in un calo degli investimenti, una paralisi nella creazione di ricchezza e un divario crescente con gli altri poli economici». In parole povere, la lenta agonia paventata da Draghi.
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