Sono finite le scuse Adesso le banche diano i soldi a noi

Francoforte assegna 530 miliardi a 800 istituti europei al tasso dell'1%: 140 miliardi all'Italia. Sarà sufficiente perché le banche tornino a fare il loro mestiere, vale a dire a finanziare il sistema economico?

Sono finite le scuse  Adesso le banche  diano i soldi a noi

Siamo a mille. Con la seconda operazione di prestito a lungo termine (nome in codice: Ltro) realizzata ieri dalla Banca centrale europea, la cifra totale prestata al sistema del credito continentale al tasso simbolico dell’1% ha rotto la barriera dei mille miliardi di euro: 529 ieri e 489 al 21 dicembre, nel giorno in cui Mario Draghi si inventò questo regalo di Natale che salvò il sistema finanziario europeo e forse mondiale. Totale 1018 miliardi.

Attenzione, la cifra detta così non significa niente: noi siamo abituati a ragionare con il conto del ristorante a cinquanta euro o al massimo con la macchina nuova da quindicimila. Dal milione di euro in su spesso si fatica a comprendere. Pensiamo ad esempio che i sacrifici e le nuove tasse chieste a tutti noi da luglio in avanti portano gettiti nell’ordine delle decine di miliardi, mentre qui, schioccando le dita, se ne sono immessi nel sistema cento volte tanto. Tuttavia la reale entità della marea di denaro che ha stoppato momentaneamente la crisi dei debiti sovrani ci è ignota. Proviamo a fare un gioco abbastanza frequente nei testi divulgativi. Partiamo da una banconota da cento euro. Quella la conosciamo tutti e rappresenta già un discreto valore. Una mazzettina da banca con cento banconote nuove, non spiegazzate, equivalenti a diecimila euro, è spessa circa un centimetro e mezzo e sta comodamente in tasca. Per fare un milione occorrono cento di queste mazzettine e, mettendole vicine, si ottiene un cubetto di circa 20x25 centimetri. Cento milioni formano invece un grosso cubo di banconote alto circa un metro e mezzo, un po’ come l’imballaggio di un frigorifero. Ebbene, per fare mille miliardi di euro occorre riempire un intero campo da calcio con questi cubi di banconote messi in doppia fila, uno sull’altro. In pratica il prato di uno stadio coperto da tre metri di banconote da cento fittamente pressate.

L’esempio è utile per capire le dimensioni del pasticcio in cui, grazie alla malaccorta gestione della situazione greca, ci eravamo andati a cacciare. Adesso che questo mare di denaro è stato girato alle banche sarà sufficiente perché escano dal loro guscio suicida e ritornino a fare il loro mestiere, vale a dire a finanziare il sistema economico?

Anche qui occorre precisare alcune cose: innanzitutto parte di questo denaro verrà utilizzato per rifinanziare i debiti in scadenza delle banche medesime. In buona sostanza una banca raccoglie denaro facendosi prestare soldi dalle famiglie per mezzo di obbligazioni e depositi per poi prestarlo a sua volta alle imprese. Se le famiglie, spaventate, non rinnovano le obbligazioni in scadenza e tengono il denaro sotto il materasso (o in Svizzera) questo canale si asciuga e il denaro per ripagare i titoli arriva, provvidenziale, dalla Bce. L’operazione è necessaria perché altrimenti si sarebbero inceneriti i risparmi e i conti correnti, ma non arriva direttamente alle imprese. Quello che avanza però da questo secondo megaprestito, al netto dei rifinanziamenti, è lo stesso una cifra notevole: 314 miliardi. Una parte andrà sicuramente nell’acquisto di titoli di Stato per realizzare un profitto certo, dato dalla differenza fra il costo del prestito e il rendimento del Btp. La cosa farà scendere ancora lo spread e questo è un bene, tuttavia sarebbe una follia limitarsi a questo e non ricominciare invece a prestare denaro a imprese e famiglie (sotto forma di mutui) ormai in gravissima apnea.

Il denaro della Bce è solo un respiratore artificiale, tiene in vita un paziente che stava ormai collassando, ma non servirà a nulla se non si riuscirà a rimettere in piedi il malato. I dati sul calo dei prestiti negli ultimi mesi sono inequivocabili, così come i tassi richiesti, spesso al limite dell’usura. Il panico per la propria stessa sopravvivenza che ha provocato questa gelata nel mondo delle banche può anche essere capito, ma adesso non ci sono più scuse. Gli istituti italiani, compresi quelli di piccole dimensioni (assenti a dicembre) anche questa volta hanno fatto la parte del leone accaparrandosi 139 dei 500 miliardi offerti.

Spetta adesso alla Banca d’Italia, guidata da Ignazio Visco, e all’Abi di Giuseppe Mussari esercitare tutto il potere di cui dispongono perché il sistema creditizio ricominci a fare il proprio mestiere, vale a dire prestare soldi a interessi sostenibili in modo da accompagnare la ripresa della produzione e dei consumi.

Concedere minore fiducia ai propri clienti rispetto a quanto la Bce sta concedendo loro sarebbe per le banche come segare il ramo su cui si è seduti: il respiratore artificiale non tutela dalle cadute.
Twitter:@borghi_claudio

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