Da ieri Marco Gay, presidente dell'acceleratore di startup Zest, è il presidente dell'Unione Industriali di Torino, una delle territoriali di Confindustria più importanti a livello nazionale.
Presidente Gay, la sua prima dichiarazione ha riguardato il «sì» allo sviluppo senza impiccarsi agli eccessi del Green Deal. Che significa?
«Fare impresa ha valore se si rispetta il nostro pianeta, però non deve essere una questione ideologica, perché quando parliamo del Fit for 55 bisogna parlare di tutte le tecnologie che raggiungono gli obiettivi di abbassamento delle emissioni. Quindi, soprattutto in sede europea, il primo passo da fare, e noi saremo al fianco del presidente di Confindustria Orsini, è avere la neutralità tecnologica. Bisogna raggiungere una sostenibilità che sia non solo ecologica, ma anche sociale ed economica».
Vale anche per lo stop ai motori termici?
«Affermare ideologicamente che non esiste più l'endotermico perché si deve fare così è una scelta che non può essere vincente perché non tiene conto del know-how, della capacità di creare valore che ha il nostro sistema. Mi piace di più il si può fare che il non si deve fare e quindi bisogna raggiungere con le istituzioni locali un obiettivo di politica industriale comune che valorizzi gli aspetti economici, industriali e sociali del territorio».
A questo proposito, come intende recuperare il rapporto con Stellantis e con la tradizione della meccanica, dell'automotive che avete a Torino?
«Le do una doppia risposta. La prima è che noi abbiamo un indotto automotive straordinario, che lavora per tutte le case produttrici e quindi anche per Stellantis. Chiaramente noi siamo contenti che Stellantis abbia dichiarato che da fine 2025 farà le 500 ibride a Torino, ma non viene meno la nostra volontà di valorizzare l'indotto della mobilità. Ci sono tante aziende torinesi nelle filiere nazionali e internazionali dei veicoli di qualsiasi natura e quindi il tema non è tanto recuperare un rapporto ma valorizzare il tessuto industriale».
L'investimento da 3,2 miliardi a Novara di Silicon Box per una fabbrica di microchip apre un'altra possibilità di sviluppo.
«Questo grande investimento è importante non solo perché fa parte di un programma italiano ed europeo volto ad acquisire queste competenze che ci rendono dipendenti soprattutto dalla Cina, ma perché è un'opportunità per far crescere una filiera che già esiste. Aiuterà lo sviluppo di start up, ma anche delle produzioni in essere. Per l'Italia, che è uno straordinario ponte verso il Mediterraneo, un'occasione di evoluzione industriale».
Lei è presidente di Zest, acceleratore incardinato in una realtà che sta diventando l'avanguardia italiana dell'hi-tech.
«Zest è il primo player italiano delle startup tecnlogiche.
L'Italia finalmente ha un protagonista a livello europeo con 250 start-up attive a portafoglio, 13 veicoli di investimento, 7 programmi di accelerazione attivi e open innovation di successo. Siamo perciò entusiasti di poter partecipare allo sviluppo di un territorio impegnato in settori hi-tech».
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