Gli italiani hanno scoperto da qualche giorno che le bollette luce e gas sono impazzite. Carlo Tamburi, il direttore Italia dell'Enel, ne parla con il Giornale : cosa sta succedendo?
«Intanto serve un passo indietro. Oggi, per le famiglie esistono due possibilità per l'acquisto di energia elettrica: il mercato libero, in cui si scelgono il fornitore di energia e le condizioni economiche, oppure il servizio di maggior tutela, dove la tariffa viene aggiornata ogni tre mesi dall'Autorità, quindi dallo Stato, sulla base delle stime di costo dell'acquisto di energia. Un forte incremento era avvenuto già a fine giugno, per i mesi luglio, agosto e settembre. Poi è arrivato quello del 28 settembre per il quarto trimestre dell'anno. In entrambi i casi, l'aumento è dovuto all'andamento del mercato dell'energia, il quale dipende dai prezzi delle materie prime come il gas, che sono ai massimi storici per la ripresa delle economie e le difficoltà nelle filiere di approvvigionamento e alle alte quotazioni dei permessi di emissione di CO2. In Italia, l'aumento delle bollette elettriche di questi mesi è legato in gran parte alle quotazioni del gas, che spiegano oltre l'80% dell'incremento. Il restante è dovuto al prezzo dei permessi di emissione della CO2. Questo perché oggi la maggior parte dell'energia elettrica è prodotta tramite fonti convenzionali e solo il gas pesa per circa il 50%».
I diritti di emissione?
«Tutti coloro che emettono anidride carbonica sono tenuti a pagare una sorta di tassa. I diritti di emissione hanno un prezzo di mercato che è anch'esso molto aumentato».
Quindi come si possono contenere gli aumenti?
«Nel medio-lungo termine la soluzione è sicuramente quella di renderci indipendenti dai combustibili fossili accelerando lo sviluppo delle rinnovabili, limitando così i rischi legati alla loro volatilità del prezzo. Infatti, un kWh prodotto da energia rinnovabile ha un costo legato solo all'ammortamento dell'investimento iniziale per la realizzazione dell'impianto, più la sua manutenzione; valori facilmente prevedibili e che non subiscono variazioni nel tempo. Questo perché risorse come il sole ed il vento sono disponibili in natura e quindi il costo marginale degli impianti è zero».
Vale anche per i diritti di emissione. O quelli sono il costo della transizione che dobbiamo pagare?
«È vero l'esatto contrario. Il costo dei diritti di emissione dipende dalle dinamiche di domanda e offerta di tali permessi. Per questo, nel tempo, il loro costo si andrà naturalmente a ridurre grazie all'aumento delle rinnovabili nel mix di fonti usate per produrre l'energia elettrica».
Quanto pesano le rinnovabili e dove bisogna andare?
«Oggi in Italia contano il 36-37% dell'energia prodotta. E i target europei sono al 70% entro il 2030».
Siamo in linea con i tempi?
«Bisogna accelerare. Rendere più snelle le autorizzazioni da ottenere, facilitare gli iter autorizzativi, rendere meno pesanti le burocrazie».
Il governo è intervenuto.
«Sì, con un provvedimento mirato ad assorbire parzialmente gli aumenti dell'ultimo trimestre con soldi pubblici. Di qui a gennaio non ci aspettiamo grandi variazioni di mercato. Per cui a fine dicembre il problema si porrà probabilmente di nuovo per il primo trimestre del 2022 e potrebbe servire un altro intervento simile a quello di fine settembre. Se non si accelera sulle rinnovabili il problema strutturale rimarrà a lungo».
Le rinnovabili sono energia solare, eolica, idroelettrica e geotermica. Enel punta su tutte queste?
«Bisogna andare in parallelo su tutte e quattro, ma occorre considerare le peculiarità del territorio, dal punto di vista sociale, ambientale e paesaggistico, così come la disponibilità di risorsa naturale: sole, vento, acqua o calore della terra. A ciò si aggiunge la ricerca di nuove soluzioni tecnologiche in grado di migliorare la stabilità della rete e aumentare la produzione di energia».
L'ipotesi di trasferire sulla fiscalità generale gli oneri di sistema è praticabile? E per i consumatori non è una partita di giro?
«Gli oneri di sistema sono componenti tariffarie che coprono costi non strettamente legati al consumo dell'energia, ad esempio gli incentivi alle rinnovabili e la dismissione delle centrali nucleari, ma che vanno a beneficio della collettività e per questo sarebbe corretto spostarli sulla fiscalità generale. È una partita di giro a livello aggregato, ma la distribuzione è diversa, in funzione del reddito e non dei consumi. È quindi uno strumento di politica fiscale. Sembra pertanto coerente che gli oneri, che pesano per circa il 25%, escano dalla bolletta elettrica».
Conviene passare al libero mercato?
«La convenienza dipende dal periodo e dalle condizioni dei diversi contratti ma questo improvviso aumento del costo dell'energia ha reso evidente come le offerte a prezzo fisso sul mercato libero alla fine siano la vera tutela per i consumatori.
In ogni caso dal primo gennaio 2023 è prevista la fine del regime di maggior tutela: i consumatori si devono preparare a conoscere il sistema per fare le proprie scelte. E di sicuro ci saranno categorie di consumatori da tutelare».
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