La tattica anti-rincari: risparmi, pace fiscale e deficit un po' più alto

Venerdì la Nadef aggiornata. L'obiettivo è stanziare circa 30 miliardi da destinare all'emergenza bollette. Esecutivo al lavoro su rimodulazione e potenziamento dei sussidi

La tattica anti-rincari: risparmi, pace fiscale e deficit un po' più alto

«Anche se «non c'è più tempo da perdere» per dare «risposte immediate» agli italiani, come ha affermato ieri il premier Giorgia Meloni, qualche settimana per mettere a punto i nuovi aiuti sarà necessaria.

In primo luogo, perché occorre aggiornare la Nadef. Oggi sarà una giornata decisiva perché l'Istat fornirà la stima preliminare del Pil del terzo trimestre e se i dati saranno positivi, si potrebbe avere maggior margine di manovra sul deficit, indipendentemente dalla volontà di alzarne l'asticella per il 2023 al 4,5% che potrebbe significare circa 20 miliardi di euro in più da aggiungersi al «tesoretto» da 10 miliardi teoricamente utilizzabile sul 2022. Per questo motivo è probabile che sia convocato un altro Consiglio dei ministri in settimana oltre a quello di oggi (forse il 4 novembre). Altro argomento da capire è come poter utilizzare i 4,7 miliardi fondi Ue di coesione 2014-2020 non spesi contro il caro energia. Non meno importante realizzare misure di risparmio come l'aliquota unificata sui bonus edilizi. Anche la «pace fiscale» potrebbe portare altro gettito.

Detto questo, per contrastare il caro-energia si parte da una base di lavoro di circa 57 miliardi di euro. È quanto ha speso il governo Draghi nell'anno in corso per questo scopo senza ricorrere a scostamenti di bilancio. Aggiungendo gli stanziamenti del 2021 (5,5 miliardi), si comprende che per contrastare parzialmente gli aumenti servono una sessantina di miliardi. Se anche la legge di Bilancio valesse 40 miliardi di cui tre quarti contro il caro-energia, si tamponerebbe solo il primo semestre del 2023. Ovviamente, a parità di condizioni. Se, come si spera, i prezzi proseguiranno la tendenza ribassista, allora lo stanziamento potrebbe coprire un arco temporale superiore.

Ma quali misure hanno inciso di più finora sulla spesa pubblica? Le più costose sono state: il credito d'imposta per le imprese energivore (19 miliardi), l'azzeramento degli oneri di sistema in bolletta per famiglie e microaziende (17,3 miliardi) e le indennità anti-inflazione (11,3 miliardi inserendo anche la rivalutazione delle pensioni).

Forse è meglio iniziare dalla parte più semplice: il taglio delle accise e dell'Iva sui carburanti che ha implicato una spesa inferiore ai 2,5 miliardi nei suoi primi sei mesi di applicazione. Se petrolio e gas restassero sui valori attuali, sarebbe necessario un ulteriore rinnovo almeno fino a fine anno (il governo Draghi l'ha prorogato fino al 18 novembre).

Resta da definire e da rimodulare il discorso relativo ai bonus e ai sussidi contro il caro-energia. Gli aiuti sociali per fare fronte alle bollette sono costati circa 3 miliardi di euro ma non sono stati utilizzati da tutti i contribuenti che ne avrebbero avuto diritto nonostante siano cospicui (si possono ottenere sollievi per oltre mille euro in zone con clima mite e superiori a 2mila per quelle più fredde). Il governo starebbe pensando a una sorta di automatismo che ne consenta l'immediata fruizione.

Allo stesso modo, bisognerà ripensare il sistema dei crediti d'imposta collegandolo anche allo stop ai distacchi per i clienti (famiglie e imprese) non in grado di saldare le bollette entro 41 giorni. Una simile decisione, però, comporta un peggioramento della situazione finanziaria delle aziende elettriche. Ecco perché si pensa di riattivare ulteriormente il sistema delle garanzie statali sui finanziamenti tramite Sace, come accaduto durante la pandemia.

Non è un terreno facile sul quale muoversi.

Ieri il ministro tedesco delle Finanze, Christian Lindner, ha ribadito la propria contrarietà sia al debito comune europeo in funzione anticrisi che a una riforma del Patto di stabilità in senso meno rigido. Meloni non avrà in Berlino il suo migliore alleato.

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