Telecom prepara la cura d'urto sui costi

Il call center diventa una nuova divisione e i sindacati temono anche per la rete. Coinvolti 30mila dipendenti

Telecom prepara la cura d'urto sui costi

Il 2013 doveva iniziare in maniera diversa per Telecom Italia. Il presidente Franco Bernabé, infatti, aveva promesso la vendita della rete televisiva «La7» che, con i suoi 50 milioni di perdite annue, pesa sui conti. Invece le offerte dei possibili interessati, in primo luogo il fondo Clessidra, non sono state abbastanza allettanti. Il cda ha avuto mandato di spendersi per cercare di migliorare le offerte. Nell'attesa di un rilancio da parte dei pretendenti, la vendita latita, come pure le iniziative di scorporo della rete fissa. Così Telecom frenata dall'alto debito, circa 30 miliardi, cerca di rilanciare i conti, non potendo fare nuovi investimenti come il potenziamento della rete in Brasile, con tagli alla spesa. Per questo ha annunciato, nel cda di novembre, un piano di contenimento dei costi che sarà presentato nelle linee guida ai primi di febbraio. I sindacati, però, hanno già qualche idea di quello che Telecom potrebbe fare per tagliare i costi fissi che sono rappresentati, in larga parte, dai dipendenti che oggi sono 48mila, ossia la metà rispetto agli oltre 100mila dell'anno 2001. «La società vuole agire su due fronti - ha spiegato Michele Azzola, segretario nazionale della Slc Cgil-: da un lato ha già varato, qualche settimana fa con un ordine di servizio, una nuova divisione interna per riunire tutti i lavoratori dei call center (dal 187 al 119), mentre dall'altra vuole riportare in azienda una serie di funzioni risparmiando sugli appalti. Certo non licenzierebbe nessuno, ma creerebbe disoccupazione nelle ditte appaltatrici che, sinora, hanno lavorato per Telecom. Inoltre obbligherebbe il personale interno a occuparsi di funzioni che non ha mai svolto. Per Telecom queste manovre potrebbero valere risparmi dai 6 ai 700 milioni di euro annui». Il boccone pregiato è la creazione della società per il personale dei call center, che interessa circa 13mila dipendenti. Ma il sindacato ha già contestato l'operazione, nata senza alcuna consultazione, perché teme che possa preludere a ulteriori frazionamenti.

Anche l'ipotesi di scorporo della rete preoccupa.
«Se non è fatto bene - dice ancora Azzola- potrebbe essere una catastrofe per l'azienda e per tutti i dipendenti. Se si scorpora la rete, che è il business che fa ricavi, vogliamo capire come l'azienda riuscirà a tenere in piedi tutto il resto, ossia il customer care e la commercializzazione dei servizi che occupa circa 24mila persone. Non vorremmo che, con lo scorporo, restasse un'azienda che non è in grado di garantire i livelli occupazionali attuali». Nelle ipotesi fatte si pensa che nella nuova società della rete possano confluire circa 20mila dipendenti, ossia quelli che oggi sono impiegati nella struttura che si occupa di questo stesso ramo d'azienda.
Ovviamente a questi ne potrebbero essere aggiunti altri per la parte contabile e impiegatizia. «Personalmente -aggiunge Azzola- non penso che lo scorporo della rete sia un'ipotesi dietro l'angolo».

Quanto alle ipotesi di riduzioni del personale, stando alle riflessioni del sindacato, si sa che Telecom, in 10 anni, ha già ridotto della metà i suoi dipendenti usufruendo di una serie di prepensionamenti.


«Il problema - spiega Azzola- è che questo non ha aiutato l'azienda sul fronte del know how perché, spingendo soltanto sull'uscita dei più anziani, non si è utilizzato il criterio della professionalità. Comunque sia nei prossimi anni non uscirà nessuno ed è per questo che Telecom, per risparmiare sul personale, sta cercando nuove strade».

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