Come anticipato nella Nadef, il ministero dell'Economia ha messo in moto la macchina delle dismissioni. Ieri Via XX Settembre ha reso noto l'avvio del processo di selezione degli advisor finanziario e legale per «l'individuazione delle migliori modalità di dismissione della partecipazione di controllo nella Banca Monte dei Paschi di Siena» di cui detiene il 64,2 per cento.
Il comunicato lascia ancora aperte le porte aperte a ogni opzione in quanto il Dpcm del 16 ottobre 2020, emanato in vista dello scorporo degli Npl in favore di Amco e della conseguente cessione del controllo della banca (poi prorogato al 2024), consente di scegliere tra tre differenti possibilità. La prima è un'Opv diretta sia al pubblico italiano (compresi i dipendenti del gruppo Mps) sia agli investitori istituzionali. La seconda è la trattativa diretta «da realizzare attraverso procedure competitive trasparenti e non discriminatorie».
La terza è rappresentata da «una o più operazioni straordinarie, ivi inclusa un'operazione di integrazione». Al momento, quest'ultima soluzione appare poco percorribile giacché Banco Bpm, candidato naturale all'integrazione, sta per predisporre un piano stand alone sotto la guida dell'ad Giuseppe Castagna. L'altro «candidato forte», cioè Bper, sembra orientata verso la Popolare di Sondrio visto che Unipol ha ottenuto l'autorizzazione a salire fino al 20% del capitale dell'istituto valtellinese. Unicredit si è chiamata fuori nel 2021 quando la trattativa naufragò sulla «dote» da concedere all'acquirente.
Resta che in questi ultimi due anni il turnaround dell'ad Luigi Lovaglio ha funzionato e oggi Mps capitalizza 3,2 miliardi di euro, ossia 700 milioni in più dell'aumento di capitale concluso l'anno scorso per 2,5 miliardi (1,6 dei quali pagati dal Tesoro). Considerando anche l'esborso di 5,4 miliardi per il salvataggio del 2017, il conto sale a 7 miliardi di euro a carico dei contribuenti. Se si concretizzasse l'ipotesi di collocamenti successivi in tranche del 10% circa per il ministro Giorgetti sarà un successo incassare almeno 300 milioni a operazione in quanto bisognerà comunque concedere uno sconto al mercato. Un paio di settimane fa, ai primi rumor di dismissione, il titolo perse quota. Ieri invece (ma la notizia è stata diffusa a Borsa chiusa) ha guadagnato il 2,9 per cento.
La Nadef che fissa a circa 20 miliardi (un punto di Pil) l'obiettivo di incasso al 2026 dalla cessione delle partecipazioni detenute dal ministero dell'Economia. Il processo dovrà avvenire - fatto salvo il caso Mps sotto monitoraggio della Commissione Ue - della attraverso il mantenimento di «un'opportuna coerenza e unitarietà di indirizzo strategico», ossia una quota di controllo.
Si apre, dunque, la selezione dell'advisor finanziario.
Nell'ultima procedura relativa al Monte il Tesoro fu assistito da Bofa Merrill Lynch, mentre le ultime due cessioni del 2015 videro al fianco del ministero rispettivamente Lazard per Poste ed Equita per il collocamento del 5,7% di Enel.
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