Si tende a credere che l’erogazione del Tfr, il Trattamento di fine rapporto, sia parte di un meccanismo automatico molto bene oleato. La realtà, in alcuni casi, è diversa. Ne ha parlato Il Messaggero, rispetto a quanto accade a diversi ex dipendenti statali.
I ritardi nell’erogazione del Tfr
Il quotidiano romano parla del caso di Roberto Martinelli, ex dipendente del Ministero della Giustizia, andato in pensione a ottobre del 2018 e in attesa del proprio Tfr. L’uomo ha inviato quattro Pec all’Inps e altre due al Ministero di Via Arenula a Roma ma la situazione non è cambiata. Quarantasei mesi dopo il suo pensionamento, è ancora in attesa.
C’è poi il caso di Ivana, in pensione dal 2019, che attende da tre anni. Salvatore, ex dipendente del ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile andato in pensione nel 2021, ha avuto maggiore fortuna, dopo poco più di un anno ha ricevuto la prima rata del Tfr, ma ha dovuto scontrarsi più volte con l’Inps.
Più in generale i sindacati ricevono diverse richieste di aiuto da parte di ex dipendenti statali, alle prese con ritardi e iter burocratici tortuosi. Uno di questi prevede che, ai dipendenti statali, la pensione venga pagata in via provvisoria, ovvero prima che tutti i conteggi di rito siano effettuati. Nel caso di una ex dirigente scolastica, il Ministero ha impiegato tre anni a ottenere i fondi necessari per pagarle alcune competenze supplementari, un ritardo che ha impedito di rendere definitiva la pratica del suo pensionamento e, finché una pratica rimane in uno stato di provvisorietà, sostiene l’Inps, non si può procedere con il versamento del Tfr.
Le norme
Le norme prevedono che, per gli statali, i primi 50mila euro del Tfr vadano versati all’ex lavoratore 12 mesi dopo la data del pensionamento. Una seconda tranche, al massimo di 50mila euro, va versata dopo altri 12 mesi e, nel caso vi sia un importo residuo, questo è da liquidare 12 mesi dopo. Si tratta di una dilazione attuata per favorire il risanamento dei conti pubblici, aggravata dai ritardi accumulati dall’Inps, che oggi è particolarmente esposta all’erosione dell’inflazione. Anche l’anticipo fino a 45mila euro voluto dal governo Conte con il decreto Legge 4/2019 non sembra essere in grado di arginare il problema, oltre ad avere un costo del 2,191% a carico di chi ne fa richiesta (dato aggiornato al mese di maggio del 2022).
Chi,
approfittando degli scivoli offerti da Quota 100, Quota 102 o Opzione donna, va in pensione prima di avere compiuto 67 anni, deve comunque attendere il 68esimo anno di età per vedersi liquidare la prima rata del Tfr.
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