Per le Manifatture Sigaro Toscano (Mst o, più semplicemente, il Toscano) il 2024 è un altro anno zero. Dopo cinque anni nei quali - in seguito al concordato e poi al fallimento del gruppo Seci, che ne deteneva il 50,01% - l'azionariato della società era di fatto commissariato, dal dicembre scorso il controllo è passato agli ex soci di minoranza: Luca Cordero di Montezemolo e Piero Gnudi con circa il 33% a testa, insieme ad Aurelio Regina e Francesco Valli con la quota rimanente. Ma a guidare la società, amministratore delegato già dal 2017, è rimasto sempre Stefano Mariotti. Che ora può programmare il futuro.
Dottor Mariotti, in pochi anni siete passati dal progetto Borsa del 2018, al fallimento di Seci del 2021, fino all'uscita dal tunnel del dicembre 2023. Come se l'è cavata il Toscano in questo periodo?
«Siamo continuati a crescere. Nonostante le varie vicissitudini, nei 5 anni il trend è stato sempre positivo. Siamo passati da 220 milioni di sigari venduti nel 2019, con 105 milioni di fatturato, a numeri del 2023 che non sono stati ancora approvati, ma che tendono ai 240 milioni di pezzi venduti per oltre 125 milioni di ricavi. Per darle un'idea dei volumi, i sigari cubani venduti nel mondo sono tra i 50 e i 60 milioni. Sono risultati ottenuto soprattutto grazie all'export, che è raddoppiato in valore. Oggi un sigaro ogni tre è destinato ai mercati esteri, dove possiamo ancora crescere, in primis sul duty free internazionale che sale del 20-30% l'anno. Mentre sul mercato domestico nei primi mesi del 2024, confermiamo una quota superiore al 91%. E devo aggiungere una cosa».
Ce la dica.
«Per questi risultati devo ringraziare il presidente Montezemolo e tutti gli ex soci di minoranza, hanno garantito stabilità, sono stati lungimiranti, hanno consentito a me di gestire l'azienda in piena autonomia, senza che i problemi di governance avessero impatti sulla performance».
E la redditività? Nel 2022 avevate un ebitda di 39,2 milioni e utili per 17,2.
«Anche la redditività è in crescita. E non era scontato. C'è un elemento che per noi ha inciso molto: prima della guerra in Ucraina avevamo una bolletta energetica di un milione. Nel 2022, a parità di volumi di acquisto, è stata di quasi 6 milioni. Nel 2023 si è ridotta, ma è rimasta quattro volte più alta del pre-covid. E poi ci sono i costi del trasporto, la difficoltà nel reperire i container: noi acquistiamo tabacco dagli Usa e abbiamo lavorazioni in Sri Lanka e Indonesia. Pensavamo fossero problemi superati, invece l'attuale crisi sul Mar Rosso sta impattando di nuovo molto».
I toscani sono fatti con il tabacco Kentucky. Quanto è coltivato in Italia e quanto importato dagli Usa?
«Quando è nato il Toscano, l'anno prossimo saranno 210 anni, il Kentucky non esisteva in Italia. La coltivazione è iniziata nel 1891. Oggi il 60% è italiano, il 30% lo compriamo in Usa e il 10% da Perù, paesi africani e altri».
La filiera del tabacco italiano dipende dal Toscano?
«Mst acquista l'80% del Kentucky prodotto in Italia. Nel 2023 abbiamo speso 15 milioni per il tabacco italiano. E se ce ne fosse il doppio lo compreremmo tutto: è l'unico vincolo alla nostra crescita. Per sostenere la filiera abbiamo cambiato la politica dei prezzi: in passato c'erano diverse tariffe a seconda della qualità, un metodo che esponeva il coltivatore alle sorprese del clima. Allora abbiamo stabilizzato i prezzi attraverso un sistema di sussidi che permette di compensare i costi fissi e aumentare la redditività con le annate buone. Inoltre eroghiamo contributi ai giovani coltivatori e a chi ha progetti di investimento e innovazione».
Dopo gli anni della crisi di governance, ora che tornate alla normalità quali sono gli obiettivi industriali?
«In questi ultimi anni l'unica opzione disponibile era la crescita organica. Ora l'azienda può valutare diverse opzioni: se in paesi importanti come Germania o Usa ci fossero possibilità, potremmo valutare acquisizioni».
Avete già qualcosa nel mirino?
«No, ma il mercato che più interessa sono gli Usa, il primo al mondo per i sigari. Se dovesse esserci qualche opportunità alla nostra portata siamo pronti a valutarla».
E il progetto Borsa? Tornerà di attualità? Con il debito 2022 a 40 milioni, servono risorse fresche per crescere ancora?
«Il debito è confermato ai livelli del 2022, ma con la fine dello stallo sulla governance lo abbiamo rinegoziato con le banche e a questo livello è pienamente sostenibile. La Borsa non è più all'orizzonte, ma siamo concentrati a crescere con le risorse che abbiamo e i margini che generiamo».
In Italia avete il 90% del mercato dei sigari, come pensate di crescere ancora?
«Dipende anche dall'offerta: se avessimo più tabacco cresceremmo di più. Pensi che dal primo gennaio, nella manifattura di Cava dei Tirreni, abbiamo introdotto il turno notturno. E poi lavoriamo molto sulla ricerca e sull'innovazione: di processo, di formato, di packaging. Oggi abbiamo un listino con 40 diversi sigari continuativi, divisi tra aromatizzati e naturali. E poi lanciamo ogni anno le edizioni limitate, che entrano ed escono dal listino»
Come si fa senza poter fare pubblicità, vietata al tabacco?
«Nessuno la può fare, anche se negli Usa il sigaro si può vendere via web, fare un po' promozioni. Ma il Toscano ha una forza incredibile nel brand, ed è riconosciuto come un'eccellenza del made in Italy. Lo osserviamo ovunque: mentre il caraibico è flat, il Toscano cresce a doppia cifra in Serbia, Turchia, Europa dell'est. In Germania è diventato il terzo brand, in Usa corriamo».
Qual è il sigaro più venduto in Italia?
«Il primo in assoluto è il Toscanello, un ammezzato; secondo il Garibaldi, che è il lungo più venduto e anche il numero uno per fatturato; terzo è il Toscanello rosso aromatizzato al caffè, che è il sigaro più venduto al mondo».
Sono tutti sigari naturali. Mentre chi vince tra quelli fatti ancora a mano?
«A Lucca le nostre sigaraie arrotolano a mano fino a 500 sigari al giorno. È una realtà unica in Europa. I loro prodotti rappresentano il 5% del totale, sono nella fascia premium di prezzo e il più venduto resta l'Originale».
Chi sono i concorrenti? I cubani? I caraibici? Le multinazionali del tabacco?
«Le sigarette no, sono un altro mondo, con loro condividiamo solo la materia prima. I sigari più diffusi sono i caraibici, ma il Toscano è completamente diverso: un altro tabacco, una differente modalità di consumo (fumata più breve, ndr) ed è più facile da conservare (non richiede humidor, ndr), per cui lo vendiamo in 40mila punti vendita, contro i 3-400 degli altri sigari».
E i mitici cubani?
«È una nicchia e poi non tutti sanno che, ormai, sono cubani solo di origine: la proprietà di tutti i brand è passata in mani cinesi».
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