Il giorno dopo l'indiscrezione sull'ingresso di Unicredit nel capitale delle Generali, la ratio della mossa diventa di ora in ora più chiara: il numero uno di Piazza Gae Aulenti, Andrea Orcel, intende utilizzare il consistente pacco di azioni della compagnia per far valere il suo peso negoziale nella partita che al momento più gli sta a cuore, ovvero l'Ops su Banco Bpm.
Ma andiamo con ordine. Fin dalla tarda serata di sabato era atteso un comunicato dell'istituto milanese, che è poi arrivato solo nel primo pomeriggio di ieri. Tra le righe della nota si apprende che Unicredit detiene una partecipazione di circa il 4,1% nel capitale sociale di Generali, una quota acquisita nel tempo attraverso acquisti sul mercato. Un ulteriore 0,6% circa, invece, è detenuto come sottostante dell'ordinaria attività per i clienti e della relativa copertura. Considerando anche queste azioni, si tratta di una partecipazione complessiva di poco meno del 5%, vale a dire il 4,7% composta per poco meno del 3% da azioni dirette, mentre per poco più dell'1% da strumenti derivati. Pur con il linguaggio felpato che si usa negli ambienti finanziari, inoltre, il comunicato che in un primo momento doveva essere di poche righe si arricchisce di dettagli che lanciano messaggi chiari: «La partecipazione è un puro investimento finanziario della banca, che supera i suoi parametri di rendimento e non ha un impatto significativo sul suo Cet1». Quindi, una partecipazione con una plusvalenza teorica importante. Poi: «Unicredit non ha interessi strategici su Generali e rimane focalizzata sull'esecuzione del piano Unicredit Unlocked, l'offerta su Banco Bpm e l'investimento su Commerzbank». Tradotto: il piano A di Unicredit è arrivare a Bpm e Commerz, non alle Generali. Però quel 4,7% non è solo un investimento finanziario, ma è funzionale a realizzare gli obiettivi della banca. In che modo? Non sfuggirà che quella quota in Generali è vicina al 4,4% di prestito titoli di cui Mediobanca si era avvalsa nel 2022 per prevalere sulla lista appoggiata dall'imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone e dalla Delfin della famiglia Del Vecchio. Piazzetta Cuccia, come scritto nei giorni scorsi da Il Giornale, non potrà ricorrere allo stesso strumento per prevalere nell'assemblea dei soci del Leone a maggio. Ecco allora che Orcel potrebbe diventare l'ago della bilancia per assicurare il controllo delle Generali, cosa cara a un governo preoccupato dall'alleanza nel risparmio gestito con i francesi di Natixis e il conseguente destino di 630 miliardi di risparmi italiani. In controluce sembra di leggere che in cambio il banchiere vorrebbe il via libera su Bpm. Non fosse così, ecco che si materializzerebbe la possibilità di un piano B: spingere sulle Generali e guardare alla nascente creatura con Natixis, vista con interesse da una banca a cui manca una casa-fabbrica di fondi d'investimento. In tutto questo, c'è chi evoca il possibile intervento del gigante, finora silente, Intesa Sanpaolo. Molto difficile, però, che possa avvenire in questa fase.
Il ceo Carlo Messina, del resto, salvo eventi straordinari non affretterà mosse prima di aver incassato la riconferma nell'assemblea dei soci di fine aprile. Superato questo scoglio, allora poi tutto diventerebbe possibile in un storico periodo di consolidamento della finanza italiana.
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