Con una cassaforte colma di 10 miliardi disponibili, Andrea Orcel (in foto) può permettersi il lusso di sfogliare la margherita per decidere con calma quale sarà la prossima preda di Unicredit. Di là delle espressioni caute, ormai il progetto, ribadito anche nell'ultima intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung, è chiaro: «Un'acquisizione potrebbe aiutarci a far sì che il mercato riconosca il nostro pieno valore, cosa che oggi non avviene. Vogliamo essere un attore leader in Europa». E dove si rivolgerà lo sguardo di questa campagna di espansione? Difficile, anche se non escluso, che ci possano essere operazioni in Germania, Austria o Italia: «Vedremo perché questi sono mercati più difficili e i prezzi sono troppo alti». Qui i nomi più volte circolati sono Banco Bpm e Commerzbank, mentre sembra più remoto un ritorno di fiamma su Mps. Invece «è probabile che nei prossimi anni effettueremo alcune acquisizioni, soprattutto nell'Europa centrale e orientale». Orcel precisa che «interverremo solo se ci saranno le condizioni giuste. Alcune banche non vogliono fare affari. Altre hanno prezzi molto gonfiati. Quindi ne stiamo alla larga». Orcel, lascia intendere, sta aspettando che calino i tassi d'interesse per attaccare: «Tutte le banche hanno migliorato la loro attività. Ma cosa succederà se i tassi d'interesse scenderanno di nuovo? Alcuni cadranno di più, altri di meno, quindi aspetterò e vedrò». Secondo l'ad «i tassi di interesse scenderanno abbastanza rapidamente l'anno prossimo e questo durerà fino al 2025».
In Germania, intanto, il numero uno di Unicredit ha riorganizzato la controllata Hvb, facendole cambiare la forma di società per azioni per quella a responsabilità limitata. Secondo il ceo questo consentirebbe al management tedesco di allinearsi meglio alle politiche di gruppo, ma c'è anche chi legge una mossa preparatoria a un'acquisizione.
Di certo la banca punta sul Paese, alle prese con il rallentamento dell'economia: «Non è il malato d'Europa e ce la farà». Quanto alla Russia, Orcel ha confermato che la strategia «è ridurre il nostro impegno» con un presenza diminuita del «70% in due anni».
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