Fioccano le promozioni per il Monte dei Paschi di Siena. L'ultima in ordine di tempo arriva da Deutsche Bank, i cui analisti giudicano «buy» l'istituto guidato da Luigi Lovaglio, con un target price a 4,10 euro (ieri ha chiuso in rialzo dell'8,5% a 2,91 euro per azione). Lo scorso venerdì Fitch Ratings aveva a sua volta portato più in alto di due gradini il giudizio a lungo termine sulla solvibilità di Siena (a BB da B+), appena due gradini sotto l'investment grade. Raggiungere questa soglia farebbe rientrare il titolo nei radar dei fondi facendone schizzare in alto il valore.
Sono dunque buone notizie per il Tesoro che ha in portafoglio il 64,2% di Mps, per un valore di 2,3 miliardi di euro. Ma c'è anche altro dietro al rally di ieri. Perché è evidente che il mercato, con il risanamento di Mps che sta accelerando, vede lievitare ogni giorno di più le chance della nascita di un terzo polo bancario. Non a caso insieme al titolo Mps, ieri si sono mossi quelli di Bper, che ha fatto segnare un +7,1% a 3,5 euro, e di Banco Bpm, balzato del 4,6% a 5,3 euro. Non è un mistero, infatti, che il governo, con in testa il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, abbia come ambizione massima la nascita di un nuovo big del credito da affiancare ai giganti Intesa Sanpaolo e Unicredit.
Mps, che al 30 settembre contava attivi per 123,2 miliardi di euro, potrebbe essere aggregato alla candidata numero al matrimonio, Banca Bper, che porterebbe in dote non solo i suoi 143,4 miliardi di asset, ma in prospettiva anche i 54,8 miliardi della Banca Popolare di Sondrio, nel cui capitale la casa madre Unipol è salita di recente al 20 per cento. Ne nascerebbe un gruppo da 321 miliardi di attivi con un possibile ulteriore effetto domino. La fase due potrebbe coinvolgere anche Banco Bpm che, anche per trovare riparo dai potenziali appetiti di Unicredit, avrebbe la chance di mettersi alla testa del nuovo polo arricchendo il tridente che alla fine avrebbe 515,8 miliardi di attivi e una capitalizzazione di Borsa che - ai valori di ieri - supererebbe i 19 miliardi. Va detto che il terzo polo avrebbe un dimensione ancora lontana dai giganti Intesa Sanpaolo (947,1 miliardi di attivi) e Unicredit (825,6) per un valore di Borsa rispettivamente di 47,5 e 44 miliardi, però certamente raggiungerebbe una massa critica e una solidità in grado, nel medio termine, di offrire una crescita importante sul fronte della redditività.
Finora non si è mai parlato di maxi piani di aggregazione. Sia l'ad del Banco Bpm, Giuseppe Castagna, che quello di Bper, Piero Luigi Montani, hanno ribadito più volte di non essere interessati ad acquistare Mps. Ma l'idea di un maxi accordo di aggregazione potrebbe presto solleticare l'immaginazione. Del resto in finanza le cose cambiano velocemente e lo stesso Mps è, oggi, una banca che a fine 2023 avrà superato quota 1,1 miliardi di profitti mentre mese dopo mese ha visto sgonfiarsi la zavorra legale, passata da 4,1 miliardi a 2,9 miliardi. Il 27 novembre, con una sentenza d'appello favorevole sul caso Profumo-Viola, potrebbe assottigliarsi ulteriormente.
Allora rimarrebbe, per dirla con Deutsche Bank, solo «una banca supercapitalizzata e sottoprezzata». A quel punto per Bper e Bpm sarebbe difficile poter dire di no.Infine, ieri in serata si è dimesso il consigliere di Mps Marco Giorgino dopo aver accettato l'incarico di amministratore in Mediobanca.
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