Volkswagen, l'auto "pulita" costa 15mila posti

I manager Volkswagen agli analisti: "Accantonamenti di 4 miliardi per gli esuberi"

Volkswagen, l'auto "pulita" costa 15mila posti
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Almeno 15mila addetti da mandare a casa, capacità da ridurre (vuol dire chiudere da tre a quattro siti del gruppo) e 4 miliardi in accantonamenti. Dai recenti piani ambiziosi con la programmazione di maxi investimenti sulla svolta elettrica, seguendo l'onda ideologica di Bruxelles, si è passati a dover dimagrire velocemente per abbassare i costi ed essere competitivi con i rivali cinesi. L'ad Oliver Blume ha parlato di due anni di tempo. Tutti numeri pesanti per l'economia e l'occupazione tedesca, con inevitabili riflessi sul resto dell'Ue, che gli analisti di Jefferies hanno diffuso al termine di un viaggio negli Usa con i dirigenti tedeschi. «La logica di ridimensionare il marchio di Volkswagen non è nuova, ma lo sono il senso di urgenza e la determinazione nell'affrontare la capacità in eccesso e i modelli di spesa. Tre giorni in viaggio negli Usa con il management ci hanno convinto che non esiste un piano B che escluda la riduzione della capacità», ha scritto Jefferies nel documento. Wolfsburg, a questo punto, potrebbe decidere di accantonare fino a 4 miliardi già nel quarto trimestre di quest'anno. Nessuna replica, al momento, da parte di Volkswagen.

Il colosso tedesco dell'auto, primo gruppo in Europa, ha già disdetto diversi contratti collettivi, tra cui quello di salvaguardia dei posti di lavoro fino al 2029. Il sindacato, in proposito, si è detto pronto a intraprendere una dura battaglia con tutte le armi a disposizione, compresa quella dello sciopero.

«I sindacati dovrebbero sentirsi sotto pressione per raggiungere nuovi accordi, mentre Volkswagen vuole imporre nuovi licenziamenti. C'è il rischio di stop degli stabilimenti, ma i sindacati possono scioperare solo per quanto riguarda gli stipendi, non per la chiusura degli impianti o i licenziamenti se questi ultimi non sono tutelati contrattualmente», la precisazione di Jefferies. Le trattative si preannunciano sicuramente molto complesse, viste anche le richieste del sindacato tedesco Ig Metall di aumenti salariali, pari al 7%, per i settori metallurgico ed elettrico i cui lavoratori sono stati messi in ginocchio a causa dell'impennata dell'inflazione che ha impattato sul potere di acquisto delle famiglie. Volkswagen, tra l'altro, insieme ad altri gruppi automobilistici rischia la stangata Ue di 15 miliardi per i costruttori che nel 2025 non avranno raggiunto gli obiettivi di taglio della CO2 fissati in 93,6 grammi per chilometro (altra follia del precedente esecutivo di Bruxelles). Target possibile solo con la massiccia vendita di veicoli elettrici che hanno però trovato, rispetto alle affrettate stime Ue, un mercato europeo molto freddo. Tra gennaio e giugno di quest'anno, secondo Dataforce, il gruppo più esposto alle sanzioni è Ford (125 g/km), seguito proprio da Volkswagen (123), quindi Renault-Nissan-Mitsubishi (114) e Stellantis (113).

E mentre Acea, l'associazione dei costruttori europei, sollecita l'Ue a rinviare di due anni tale normativa, Stellantis (fuori da Acea) fa il bastian contrario, giudicando «surreale cambiare le regole ora». Probabilmente l'ad Carlos Tavares confida che le imminenti vendite in Europa della city-car elettrica del socio cinese Leapmotor impattino positivamente sul bilancio delle emissioni. La parola al mercato.

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