Eleonora Duse diva senza trucchi che inventò la moda "no filter"

Un incontro ad Asolo fa rivivere il gusto della musa di D'Annunzio. Assieme a Mariano Fortuny spezzò la prigione di busti e corsetti

Eleonora Duse diva senza trucchi che inventò la moda "no filter"

Nel centenario dalla sua morte - avvenuta nel canone dei drammi che portava in scena, causata da una polmonite - sono state tante le iniziative per ricordare Eleonora Duse (1858-1924). Prima diva, femminista quando aveva un senso, influencer quando esserlo significava veicolare uno stile di vita. Il suo busto velato stava nella stanza in cui Gabriele d'Annunzio creava al Vittoriale, una musa troppo bella per essere guardata.

Domani alle 10 a Casa Duse ad Asolo (Treviso), all'interno del Festival del viaggiatore ci sarà l'incontro «Eleonora Duse e Mariano Fortuny - L'amicizia geniale» con la storica dell'arte Franca Lugato. Partiamo dalla casa e da Asolo, che incarnano un pezzo dell'estetica dusiana. Duse giunse per la prima volta ad Asolo alla fine del 1892, ospite dell'americana Katherine de Key Bronson, che aveva conosciuto a Venezia. L'attrice che cercava nel recitare la naturalezza, lo spontaneo riconosce in quegli spazi quello che le serve: «Vedere i colli Berici ed Euganei e contemplare i temporali che si formano sopra Bassano e che a volte si scatenano in cammino e altre volte giungono lenti fino alle colline di Asolo». Una breve permanenza ma le resta nel cuore. È il luogo del ritiro, lo sente. Nel 1919 si affidò all'ingegnere Sebastiano Cantoni, che le consigliò di affittare una casa di proprietà della famiglia Miller-Morrison di Edimburgo, detta «Casa dell'arco» perché parte dell'edificio inglobava la porta medievale di S. Caterina. Un palazzo, già nel Quattrocento residenza dell'umanista Francesco Nursio Timideo da Verona, segretario personale della regina Cornaro, che folgorò l'attrice. La disponibilità della casa fu oggetto di una vicenda che dice molto della Duse. Contesa con una famiglia veneziana, l'attrice inizialmente rinunciò all'abitazione: la compagna di un caduto nella battaglia del Grappa desiderava tener vivo il ricordo affacciandosi alle finestre di quel palazzo dalle quali si poteva ammirare la montagna dove erano morti tanti italiani. Quando gliela lasciarono in affitto Duse continuò a considerarla come una finestra su un sacrario: «Allorché la mattina apro le imposte della mia camera, nel vano della finestra si inquadra il Monte Grappa. Allora metto due vasi di fiori sul davanzale. Ecco un altare». In facciata dal 1925 c'è una lapide dettata da d'Annunzio nel primo anniversario della scomparsa: «Figlia ultimogenita di S. Marco/ apparizione melodiosa/ del patimento creatore/ e della sovrana bontà». Ad Asolo la Duse ha voluto essere seppellita. Ora l'edifico è di proprietà di privati. Ma tutta l'oggettistica che conteneva è stata trasferita al Museo della città, dove rivivono le stanze di Casa Duse. La figlia Enrichetta Angelica Marchetti Bullogh donò allo Stato parte dei cimeli della madre, a condizione che fossero lasciati in deposito al Museo asolano. Nacque così la Collezione Duse composta da tessuti, dipinti, ritratti, mobili, libri, fotografie, documenti, ricordi di famiglia... E ora sono esposti in un nuovo allestimento. Ricrea uno spazio domestico che scivola nel teatrale. Quasi un'incarnazione del metodo Duse: «Le donne delle mie commedie mi sono talmente entrate nel cuore e nella testa che mentre m'ingegno di farle capire a quelli che m'ascoltano, sono esse che hanno finito per confortare me». La Divina di D'Annunzio non si trucca né in scena né fuori. Sceglie il «no filter» nella maniera più assoluta. Smonta un'epoca di belletti, non potendo immaginare l'epoca di belletti elettronici che sarebbe venuta ben dopo. Una sua caratteristica particolare era quella di muovere molto le braccia quando recitava e rendere il corpo protagonista dello spettacolo, insieme con la voce, che non aveva mai toni ridondanti e che colpiva proprio per la sua naturalezza e la sua spontaneità. A volte, Eleonora sussurrava, ripetendo la stessa parola diverse volte. Sceglieva una parola che riteneva fondamentale per il suo personaggio. Chi ha visto nel dannunzianesimo qualcosa di artefatto già da questo, dalla scelta della musa, dovrebbe farsi qualche domanda. D'Annunzio studia la recitazione della Duse, Mussolini quella di D'Annunzio a Fiume... L'arte fa anche la politica. E la Divina faceva l'arte.

Ed in questo contesto si inserisce un pezzo della vita di Eleonora che viene analizzato nell'incontro di domani da Franca Lugato. Eleonora e la moda. Spiega la Lugato: «La Duse aveva in mente un'idea precisa di donna. Voleva trasmetterla anche attraverso i suoi abiti. In questo senso la persona giusta per lei era Mariano Fortuny. Anzi erano Mariano Fortuny e la moglie. La Duse incarnava un nuovo tipo di donna. Più libera, più sensuale, non più rinchiusa nei pizzi, nelle trine e nei busti. Questo nuovo modo di essere voleva manifestarlo anche attraverso i vestiti». Mariano Fortuny divenne l'uomo in grado di fornirle la stoffa giusta. Fortuny, figlio di un pittore catalano, trasferitosi a Venezia e interessatissimo a trasferire la pittura sui tessuti, smonta gli abiti dell'epoca, li uccide tornando alla forma della tradizione». I suoi pezzi forti sono il Delphos e lo Knossos (uno scialle di seta). Riprendono la semplicità della Grecia antica e la Duse diventa una testimonial ideale. A partire dal 1894, ci spiega Lugato, la Duse e D'Annunzio frequentano Venezia. È il periodo in cui D'Annunzio è spesso ospite della così detta «Casetta rossa» sul Canal Grande (dove poi dimorerà stabilmente dopo la fine della Grande guerra). Lì passano Mariano Fortuny y Madrazo una minaccia con la sua mole per gli arredi - Rainer Maria Rilke, Eleonora Duse... Ne nasce anche un'idea di estetica che la Duse sposa. «Discutevano di arte e di teatro. La Duse diventa un ponte tra Fortuny e la sua visione dei costumi scenici e le opere di D'Annunzio». I due sono però troppo artisti, fanno grandi progetti e concludono poco. Duse invece scriveva per avere i suoi vestiti. Viene addirittura creato un modello «Eleonora». Alcuni dei capi più riusciti li potete ancora per poco ammirare alla mostra della Collezione Cini a Venezia («Eleonora Duse mito contemporaneo», aperta sino a domani).

La semplicità con Eleonora irrompe in scena, nasce anche il Shabby Chic, che è il marchio del salotto dei

Fortuny, dove si è mondani con il vestito da lavoro. Poi con Eleonora finirà un mondo di eleganza libera e ne inizierà uno più falso di telefoni bianchi di regime. Ma si sa, le divine non sono fatte per tutte le stagioni.

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