Epidemia mortale a Cuba, il regime la nasconde

Alberto Pasolini Zanelli

da Washington

Il regime ha rotto il «silenzio stampa». Adesso è ufficialmente noto che a Cuba c’è un’epidemia di dengue. Le dimensioni non sono note, mancano i dati ufficiali, l’Istituto mondiale della salute in loro assenza annaspa. Ma i segnali politici sono forti, in contrasto con il tentativo, durato lunghi mesi, di «coprire» l’emergenza. Il settimanale Tribuna ha preannunciato multe per chi contribuisca per propria leggerezza alla diffusione delle zanzare potenzialmente letali. Fidel Castro in persona è uscito un momento dalla sua convalescenza per intrattenersi con gli organizzatori di una «mobilitazione popolare» in corso. Sui muri dell’Avana compaiono manifesti di «chiamata alle armi» in cui l’insetto è paragonato all’imperialismo fascista di George Bush e il patriota cubano sale sul ring per combatterlo con eguale determinazione. Dal paragone si potrebbe passare se non all’accusa, almeno alle insinuazioni. È già accaduto 25 anni fa: Eduardo Arocena, dirigente di una organizzazione anticastrista arrestato e processato «confessò» in aula di tribunale di avere «introdotto i germi della dengue emorragica» nell’isola nel 1981. Ci fu allora un’epidemia con 350mila casi di contagio e centinaia di morti. Quest’anno la situazione sarebbe ancora peggiore.
L’emorragia è la più pericolosa conseguenza per chi è colpito in forma grave dalla malattia: non ci sono cure note e, una volta manifestatasi, conduce alla morte in un caso su venti. L’epidemia in sé si manifesta soprattutto nei centri urbani, a maggiore concentrazione di esseri umani, che con il loro comportamento moltiplicano le «occasioni» per le zanzare: nel caso dell’Avana, a quanto pare, sono i vecchi copertoni d’auto abbandonati in giro che raccolgono pioggia e creano superfici stagnanti. L’epidemia si sarebbe manifestata già in aprile, ma il regime scelse allora la strategia del silenzio, soprattutto per non danneggiare l’afflusso di turisti, che sono la principale fonte di valute pregiate per Cuba. Adesso però l’aggravarsi della situazione crea pericoli più gravi, anche in quel senso: le autorità hanno da qualche settimana cominciato a «sconsigliare» i visitatori a venire a Cuba nei mesi autunnali, quelli di massima espansione delle zanzare e dell’epidemia. In particolare a L’Avana, dove abita un cubano su cinque e che ha quasi due milioni e mezzo di abitanti, ma è carente delle attrezzature richieste da una minaccia del genere. Il governo ha lanciato una «controffensiva». Piccoli aerei sorvolano a turno la capitale «sganciando» nuvole di insetticida, mentre l’esercito va a «caccia di nidi» nelle sconnesse viuzze dei vecchi quartieri.
Se non basterà, le conseguenze potranno essere gravi, non solo sul turismo. Non si esclude una ripetizione delle accuse degli anni Ottanta, anche se è forse altrettanto probabile che il regime giochi invece la carta umanitaria in un modo più sottile, per esempio accusando gli Stati Uniti di ostacolare con il loro embargo una mobilitazione internazionale contro l’epidemia. Che in realtà non è solo cubana ma si sta diffondendo quest’anno con una velocità e ampiezza molto superiori al comune. Proprio ieri una emergenza anti-dengue è stata dichiarata in tre Stati dell’India. Come motivi della recrudescenza ne vengono indicati tre. Il primo è la «urbanizzazione selvaggia» in corso da decenni nel Terzo mondo, che aggrava tutti i problemi sanitari in città sovraffollate.

Il secondo è il bando ad alcuni fra gli insetticidi più potenti come il Ddt. Il terzo è il surriscaldamento dell’atmosfera. La temperatura non si alza soltanto ai poli dove scioglie i ghiacci, ma anche, con effetto più immediato, nelle zone tropicali.

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