"Ero la Lolita d’Italia, da regista sono pudica"

Eleonora Giorgi presenta a Giffoni L’ultima estate, il suo nuovo film: "Niente nudi, non ho voluto ferire un’attrice esordiente". E sulla tv di oggi: "I reality show sono un amaro frutto della democrazia"

"Ero la Lolita d’Italia, da regista sono pudica"

Giffoni - Eleonora Giorgi ha presentato ieri al Festival di Giffoni il suo nuovo film da regista, L’ultima estate, storia interclassista di giovani romani, che uscirà in ottobre. È reduce da un altro Festival, quello del Nuovo cinema di Pesaro: qui presentava Cuore di cane, dove lei recitava per Alberto Lattuada. Sotto Lenin, uno scienziato borghese salva un cane randagio e lo rende uomo in un corrosivo sprezzante quadro dell’egualitarismo ispirato dal racconto di Mikhail Bulgakov. La Giorgi ricorda così questo film sottovalutato dalla critica e dal pubblico: «Allora, col Pci vicino alla maggioranza, Lattuada era politicamente controcorrente».

Signora Giorgi, con Lattuada lei cominciò anche un altro film...
«... Nudo di donna. Ma subito si manifestò l’attrito con Nino Manfredi, produttore e protagonista del film. E fu poi Manfredi a firmare il film come regista».

Qui era stata promossa moglie.
«Già, dopo tanti film che mi avevano reso la Lolita d’Italia!».

Lattuada adorava le ninfette.
«Con me non ha allungato le mani».

Lei esordì nel 1973 con Storia di una monaca di clausura di Domenico Paolella.
«Film di serie B, ma di un cinema ancora di serie A: i tecnici erano reduci da Ludwig di Luchino Visconti».

Da studentessa di restauro come divenne attrice?
«Grazie alle mie foto che aveva un’agenzia pubblicitaria. Non c’era una mia determinazione di recitare. In quel periodo facevo perfino la dogsitter, pur di guadagnare. Ero già fuori di casa».

Altri tempi...
«Era in voga Twiggy: non proprio del mio tipo fisico».

Eppure lei fu molto fotografata.
«Sì, ma dopo. Pensi che, al provino del film di Paolella, mi diedero l’abito che la Rampling portava in Addio fratello crudele. E non lo chiudevo!».

Un caso?
«Che non lo fosse me lo fa pensare lei ora».

Era imbarazzata?
«Sì. All’inizio ero la ragazza meno maliziosa del mondo».

Anche la meno vestita. Angelo Frontoni la immortalò in piscina in tutto il suo splendore.
«Alcune di quelle foto sono ancora su Internet, tuttora molto visitate! Le ho fatte con naturalezza...».

Quando una donna nuda incontra un uomo vestito, è l’uomo che è in imbarazzo.
«Oggi lo so, allora, sul set, con la troupe che mi circondava, capivo solo che suscitavo qualcosa...».

... Prurito? Ma neanche il pubblico restò indifferente.
«Ma la mia famiglia la prese male. Militare, mio nonno fu imbarazzato. E i miei genitori si stavano separavando».

Il suo fidanzato allora era...
«... Gabriele Pogany, figlio di Gabor, grande direttore della fotografia. Stavo con lui da quando avevo tredici anni».

Vede che il cinema incombeva? Il vostro amore soffrì della sua carriera?
«Non ero ciò che sembravo... Ricordo che nell’estate 1974 tornavamo da una vacanza in Spagna e a Ventimiglia mi vidi su un manifesto».

Nuda?
«Con un ukulele, un grembiulino di scuola, e il fiocco. Era una forma di candore: il sesso è un gioco buono».

Guadagnò molto a inizio carriera?
«Per Appassionata presi un milione e 700mila lire. Due mesi di lavoro».

Oggi in due ore una cubista guadagna di più, in proporzione. Ma torniamo a lei. Quando la sua immagine cambiò?
«Con Dimenticare Venezia. In quell’occasione mi intervistò in tv Enzo Biagi, mentre accanto a me, con un pelouche, Ilona Staller si carezzava i capezzoli».

E lei?
«Per spostare l’attenzione, dissi d’aver già guadagnato trecento milioni e d’averli spesi tutti. Non era vero, ma ebbi molta attenzione malevola. Anche del fisco».

Era ancora fidanzata?
«Una storia cominciata da ragazzini non poteva continuare. Soprattutto lui aveva altre curiosità».

Epoca di fermenti...
«La mia generazione è passata attraverso una rivoluzione. Le donne uscivano dal gineceo, compiendo anche errori».

Come il femminismo.
«Origine delle veline e sdoganatore dell’immaginario erotico maschile represso».

Precisi.
«Ormai c’è solo il sesso in senso maschile. Il resto è accoglienza».

Donne accoglienti, dunque. Nello spettacolo ciò nuoce alla professionalità, favorendo i reality.
«Amaro frutto della democrazia. Ma siamo tutti diversi, non tutti uguali».

Nel suo primo film da regista, «Uomini & donne, amore & bugie», perché proprio Ornella Muti è sua madre?
«Con Ornella fin da Appassionata s’era costruita la leggenda di una rivalità. Mentre eravamo amiche...».

... Amiche in privato, rivali professionalmente.
«La fisicità più popolare favoriva Ornella. Io avevo le parti di bionda, borghese, ma nelle coproduzioni toccavano alle francesi, come Dominique Sanda».

Chi è la sua erede?
«Carolina Crescentini».

Lei è l’icona del Circolo degli Inquieti, fa teatro...
«Inquieta sono sempre stata. Il teatro, con Fiore di cactus, mi diverte più del cinema, ma reciterò presto nel nuovo film di Marinelli».

Da attrice mostrava tutto; da regista non mostra nulla.


«Non volevo ferire la mia attrice esordiente. Niente è vulnerabile come l’amore a quell’età».

È così sensibile anche coi ragazzi?
«Tra fratelli, fidanzati, mariti e figli ho capito quanto loro soffrano per le donne».

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