Giorgio Caprotti
«Lè on quarantòtt» si dice per indicare una situazione caotica come quella che affrontarono i milanesi durante le Cinque giornate, dal 18 al 22 marzo 1848: uomini sulle barricate, orfanelli, i famosi «Martinitt», utilizzati come portaordini, madri e mogli rimaste nelle case indifese con i molti piccoli da proteggere. Questo quadro però trascura un particolare: le donne in campo al fianco degli uomini.
In realtà furono un centinaio quelle morte o ferite sulle barricate. Luigia Battistotti Sassi (originaria di Stradella, maritata e abitante al Cavo Vettabbia) si accoccolò a confabulare sul da farsi col coniuge presso una barricata accanto a SantEustorgio. Per essere più disinvolta nellagire si era anche vestita con i calzoni di fustagno scuro del marito e, scorgendo una pattuglia austriaca di passaggio, sgusciò via e fu così lesta a sfilare con destrezza la pistola a un soldato puntandogliela contro che tutta la pattuglia, sconcertata dallaudace sorpresa, le si arrese con la mani in alto. Potè così consegnare i sei austriaci, armati di tutto punto, agli uomini della barricata. Poi, da donna pratica, pensò al mangiare e, detto fatto, guidò un manipolo di insorti a provvedersi di sacchi di farina a un mulino noto in quel rione anche perché vi si lavoravano delle armi per i dominatori: il «Mulino delle armi». E il bottino fu molto confortevole.
Intanto laffascinante Teresa Galloni, ben nota per la flessuosità del suo corpo, con mira infallibile centrava sui bastioni verso la Darsena un nemico dopo laltro, suscitando complimenti e una divertita ammirazione. Già correva voce come in piazza Duomo una certa Maria Ronzoni, sporgendosi malaccortamente da una finestra del Rebecchino cercando con lo sguardo il marito, fosse stata centrata in pieno dalla fucilata di un cecchino.
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