Alla fine, all'alba del 2012, la Georgia ha deciso che deve distaccarsi dal suo cittadino più noto, Josep Stalin, e smettere di «glorificare il dittatore sovietico». Quindi chiuderà il museo a lui dedicato, e che fu inaugurato nel 1937, in pieno terrore staliniano. L'idea è del ministro della Cultura Rurua: è lui ad avere affermato che ormai la Georgia non possa più tributare onori al dittatore, visto che oltretutto il Paese è indipendente da oltre vent'anni, dall'ormai storico 1991.
Insomma il museo sarà smantellato, ma solo nel contenuto: infatti la svolta è tale, per la Georgia, che si trasformerà in una esposizione permanente per ricordare le atrocità del dittatore sovietico. I dettagli per ora non sono noti ma - secondo Memorial, una organizzazione russa che si occupa di tutelare i diritti umani e la memoria delle vittime - solo stando ai numeri accertati, per ordine di Stalin sono state fucilate 724mila persone, mentre milioni sono state sterminate nei gulag e ancora migliaia e migliaia hanno dovuto subire deportazioni etniche.
Insomma il museo - promemoria della ferocia staliniana non dovrebbe mancare di materiale. Fino a oggi invece ha ospitato le memorabilia del georgiano, oggetti ossequiosamente conservati per la gioia di tutti gli irriducibili dell'era del socialismo reale e di moltissimi turisti curiosi di scoprire la vita quotidiana e che cosa sia appartenuto all'uomo che ha dominato per anni la Russia. Quindi lì, in bella vista, finora ci sono stati il cappotto, la pipa, il telefono, gli stivali, i piatti di casa Stalin. E poi qualche immancabile busto e qualche quadro, oltre ai regali ricevuti nel corso della sua esistenza e della sua carriera politica.
Il museo, così concepito, è rimasto intatto per decenni, per settantacinque lunghissimi anni: costruito intorno alla casa natale del dittatore, è stato mantenuto infatti anche dopo la «destalinizzazione» e poi ancora quando la Georgia si è staccata dall'ex Unione Sovietica.
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