L'ottimismo mostrato dal segretario di Stato americano, John Kerry, potrebbe essere eccessivo. Se israeliani e palestinesi si siederanno di nuovo al tavolo delle trattative, alla ricerca di un negoziato verso la pace, il percorso non sarà breve. Nonostante la sequela di visite in Medio Oriente da parte del successore di Hillary Clinton, si è solo all'inizio di un processo che potrebbe richiedere molto tempo.
L'ipotesi di una strada veloce da percorrere è stata sconfessata ieri sera, tanto da Israele quanto dalla Palestina. Alcuni funzionari del governo di Netanyahu hanno ricordato che al momento si è arrivato solo a un'intesa di massima per ritrovare la strada dei negoziati. Un punto confermato dal portavoce dell'Anp, Nabil Abu Rudeina, che ha spiegato che "diversi dettagli vanno ancora definiti".
Più drastica l'opinione di Hamas, al momento al potere nella striscia di Gaza. Secondo il movimento, che ha respinto la "ripresa dei negoziati" il presidente dell'Anp Mahmud Abbas non avrebbe l'autorità per trattare a nome dei palestinesi.
Il ministro israeliano dei Servizi e delle relazioni internazionali, Yuval Steinitz, ha annunciato oggi che rilascerà un piccolo numero di prigionieri palestinesi. Uno dei molti passi che potrebbero avvicinare a un accordo.
Altro tema centrale quello dei confini dei due Stati. In ballo una possibile conferma di quelli tracciati dalla Guerra dei sei giorni del 1967. Un'ipotesi non gradita a Israele.
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