Da Londra il segretario di Stato Usa John Kerry torna sulla Siria affermando che "i rischi che comporta non agire sono maggiori di quelli di un’azione". Il capo della diplomazia americana fa una timida apertura ad Assad: "Potrebbe evitare un attacco consegnando le sue armi chimiche alla comunità internazionale entro la settimana prossima". Ma aggiunge che il presidente siriano "non sembra sul punto di farlo". Kerry insiste poi appellandosi alla comunità internazionale sottolineando che non può restare a guardare mentre il regime di Assad fa ricorso alle armi chimiche. Nel ribadire la linea della fermezza Kerry mette le mani avanti: "Lasciate che io sia chiaro. Gli Stati Uniti, il presidente Obama, io stesso e tanti altri siamo assolutamente d’accordo che la soluzione del conflitto in Siria richieda una strada politica. Non esiste una soluzione militare, non ci facciamo illusioni su questo".
Kerry ribadisce che in Siria gli Usa "non stanno dicendo di volere una guerra", ma pensano a un attacco militare "incredibilmente ristretto e limitato" per soffocare la capacità bellica di Assad. Dopo l’incontro con il capo del Foreign Office, William Hague, Kerry aggiunge di comprendere l’ostilità serpeggiante nell’opinione pubblica verso un nuovo intervento armato, che metterebbe a rischio la vita di militari. Tuttavia spiega che lo sforzo bellico non prevede l’invio di truppe sul terreno e punterà invece a far capire ad Assad che non deve più usare armi chimiche.
La relazione tra Usa e Gran Bretagna è "speciale" ed è "più forte di un voto in Parlamento", è una relazione che si basa su "valori condivisi e le regole con cui la società organizza le proprie relazioni": Kerry ha commentato in questo modo, smorzando ogni polemica, il recente voto alla Camera dei Comuni che ha bocciato la richiesta di intervento in Siria al fianco degli Usa presentata dal governo Cameron. "Non c’è partner migliore in questo sforzo che il Regno Unito e il nostro legame è un modello di collaborazione internazionale", ha assicurato Kerry.
La Russia fa sapere di voler agire "in coordinamento" con l’Iran sulla crisi siriana "per evitare una situazione catastrofica nella regione": lo ha detto il viceministro degli esteri russo Mikhail Bogdanov incontrando il suo collega iraniano a Mosca. Bogdanov ha annunciato che il presidente Vladimir Putin e quello iraniano, Hassan Rohani, si incontreranno a breve Intanto i ministri degli Esteri delle sei monarchie del Golfo favorevoli a un intervento militare (Arabia Saudita, Kuwat, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrein e Oman) si riuniranno domani a Gedda, in Arabia Saudita, per discutere della questione. L’Arabia Saudita, capofila della coalizione, sostiene senza riserve un attacco militare contro il regime di Assad.
"Il genocidio e le gravi violazioni dei diritti umani subìti dal popolo siriano esigono un intervento immediato della comunità internazionale", aveva afferamto alcuni giorni fa il segretario generale del Consiglio, Abdellatif al-Zayani.
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