«C'è un mucchio di miliardari incazzati stamattina, a caccia dello sportello rimborsi». All'indomani dell'incoronazione di «re» Obama II, è un tweet di David Axelrod, il grande guru della campagna elettorale presidenziale, a sintetizzare meglio di qualsiasi analisi - e con un pizzico di gusto sadico - gli umori che serpeggiano in area repubblicana dopo la deludente performance elettorale. Mentre Obama fa breccia sul «duro e puro» John Boehner, lo Speaker della Camera inflessibile difensore dell'ortodossia della destra anti-tasse, mentre il presidente raccoglie cioè le prime adesioni a una proposta di compromesso per evitare il «fiscal cliff» - il baratro fiscale che senza un accordo sul deficit di bilancio porterebbe drastici tagli alla spesa pubblica e pesanti aumenti delle imposte - in casa repubblicana si fanno i «conti» con la sconfitta. Conti che non tornano, non solo politicamente, ma in senso stretto.
Nella campagna elettorale più costosa della storia d'America - 6 miliardi di dollari complessivi, di cui un miliardo speso per la battaglia elettorale da Obama e duecento milioni in più da Romney, senza nemmeno un cent di finanziamento pubblico - i vertici repubblicani, appena smaltito il colpo, sono ora soprattutto impegnati ad arginare le ire della lunga lista di «grandi donatori» che sulla vittoria di Mitt Romney avevano scommesso enormi capitali. Spalle al muro, i big del Grand Old Party si trovano ora di fronte alla domanda più ovvia e imbarazzante, quella servita da Chris Wallace, celebre conduttore di Fox News, all'ex spin doctor di George W. Bush, Karl Rove, mezz'ora dopo la vittoria di Obama: «Crossroads (uno dei «comitati» di raccolta fondi pro-repubblicano, ndr), che lei ha contribuito a fondare, ha speso circa 325 milioni. E alla fine abbiamo lo stesso presidente, la stessa maggioranza democratica in Senato e la stessa repubblicana alla Camera. Ne è valsa la pena?». Rove ovviamente è convinto di sì, non foss'altro perché «Obama già il 15 maggio aveva tirato fuori dal cappello 215 milioni in spot pubblicitari per demonizzare Romney».
Ma sono in molti a pensarla diversamente. «Certo qualcuno ha sbagliato e non ha fatto le cose come doveva. Non ci sono dubbi», lamenta il magnate televisivo Stanley Hubbard, megadonatore repubblicano. E in effetti - ricordava ieri Politico - alcuni dei colpi più pesanti incassati da Romney in campagna elettorale sono il frutto di una strategia miope e finanziamenti mal spesi. L'accusa di elusione fiscale su Bain Capital, la società di private equity fondata da Romney, è diventata cavallo di battaglia pro-Obama solo dopo essere stata sollevata da un comitato di finanziatori pro-Gingrich, cioè favorevoli a uno degli avversari di Romney durante le primarie repubblicane. Fuoco amico usato poi dal nemico.
E che dire del candidato al Senato Richard Mourdock, ormai celebre per la frase sulle gravidanze «volute da Dio» anche se frutto di stupro? Aveva ricevuto 11 milioni e sconfitto alle primarie il moderato Dick Lugar. È diventato lo zimbello mondiale e il nemico delle donne che hanno spianato la strada all'Obama bis.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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